Il sottosegretario alla Sanità Stephen Barclay è stato nominato nuovo ministro per la Brexit. Lo riporta il Guardian. Poco conosciuto, Barclay è stato direttore della Barclays Bank ed ha votato 'Leave' al referendum sul divorzio da Bruxelles. La nomina di Barclay una sorpresa dagli osservatori, tenuto conto del suo profilo politico relativamente modesto finora, malgrado gli incarichi da sottosegretario prima al Tesoro e poi alla Sanità. Downing Street precisa peraltro che il suo ruolo sarà "diverso" rispetto a quello dell'uscente Dominic Raab. Di fatto non avrà il compito di negoziare in prima fila con Bruxelles - compito ormai affidato a Ollie Robins, un alto funzionario spostato nei mesi scorsi dal dicastero per la Brexit all'ufficio del primo ministro - bensì di preparare "il fronte interno" all'entrata in vigore della Brexit, di occuparsi dei piani operativi in vista sia d'una possibile approvazione parlamentare dell'intesa sul divorzio dall'Ue raggiunta con Bruxelles sia d'un ipotetico "no deal" e di seguire i passaggi a Westminster della nuova legislazione nazionale che il Regno si avvia a introdurre nei vari settori prima dell'uscita dal club europeo.
Completato il mini-rimpasto di governo con Amber Rudd neoministra del Lavoro, in sostituzione della dimissionaria Esther McVey, uscita di scena in polemica con l'accordo sulla Brexit con Bruxelles patrocinato dalla premier Theresa May. Lo annuncia Downing Street. Rudd era stata costretta a dimettersi da ministra dell'Interno con l'accusa di aver mentito al parlamento sullo scandalo dei diritti negati ai miranti storici caraibici della cosiddetta generazione Windrush. Ma in seguito un'inchiesta interna ha stabilito che sarebbe stata a sua volta ingannata da alcuni funzionari. Barclay, ex banchiere alla City, è brexiteer e ha sostenuto la campagna pro Leave al referendum del 2016, ma è considerato anche totalmente leale a Theresa May, non avendo mai aderito ad alcuna azione di dissenso. Amber Rudd è invece una Remainer, altrettanto fedele alla premier.
Il Chief Whip del Partito Conservatore britannico (capogruppo alla Camera dei Comuni e membro del governo) ha annullato la convocazione straordinaria annunciata in mattinata dell'ufficio di presidenza del gruppo che aveva fatto pensare a un imminente avvio della procedura sulla mozione di sfiducia contro la leadership Tory di Theresa May. La convocazione riguardava tutti i 'whip', cioè i soli componenti dell'ufficio di presidenza che nell'ordinamento britannico aiutano a coordinare i lavori parlamentari.
E niente dimissioni dal governo di Theresa May per il ministro dell'Ambiente, Michael Gove. Lo annunciano fonti a lui vicine smentendo indiscrezioni circolate al riguardo dopo il suo presunto rifiuto di sostituire Dominic Raab al dicastero per la Brexit. L'annuncio ferma l'emorragia di esponenti 'brexiteers' dall'esecutivo e delude i conservatori più ultrà nella corrente dei falchi. Mentre dalla presidenza del partito arriva un segnale di rassicurazione: May ha i numeri per "vincere" in caso di mozione di sfiducia alla sua leadership.
Gove, secondo indiscrezioni riportate da fonti mediatiche, non solo non intende dimettersi, ma pare abbia convinto altri quattro ministri 'brexiteers' di spicco superstiti a restare come lui nella compagine: il titolare del Commercio con l'Estero, Liam Fox, quello dei Trasporti, Chris Grayling, quella dello Sviluppo Internazionale, Penny Mordaunt, e quella dei Rapporti con il Parlamento, Andrea Leadsom. L'obiettivo concordato dal quintetto, stando a un notista politico del Sunday Times, sarebbe quello di cercare di mantenere un peso in grado di continuare a condizionare le scelte del governo e di Theresa May e, se possibile, a "migliorare" le intese negoziali con Bruxelles sulla Brexit. "Dimettersi e unirsi alla ribellione non aiuterebbe nessuno", pare abbia detto uno di loro.