Sono i sospettati del sequestro e dell'omicidio di Giulio Regeni. Sono gli uomini che hanno messo in atto il depistaggio per complicare la ricerca della verità su quanto avvenuto tra il 25 gennaio e il 4 febbraio del 2016 al Cairo. Ne sono convinti gli inquirenti della Procura di Roma che è pronta a dare una svolta decisiva all'indagine sul ricercatore italiano procedendo con le prime iscrizioni nel registro degli indagati.
Un atto che verrà formalizzato nei prossimi giorni e che riguarderà poliziotti e appartenenti al servizio segreto civile egiziano, che erano stati nei mesi scorsi identificati dagli uomini del Ros e Sco.
Il lavoro degli investigatori italiani era finito in una informativa poi consegnata alle autorità egiziane nell'incontro svolto nel dicembre dello scorso anno. La volontà di imprimere un colpo di accelerazione al fascicolo aperto quasi tre anni fa a piazzale Clodio è stata comunicata al Cairo dalla delegazione di inquirenti, guidata dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, nel corso del decimo vertice con gli omologhi nordafricani. Un atto che rappresenta un passaggio formale e necessario in base al nostro tipo di ordinamento, a differenza di quello in vigore in Egitto.
Uno scatto in avanti che però, spiega chi indaga, non avrà ripercussioni sull'attività congiunta svolta in questi anni tra le due autorità giudiziarie e che durerà anche nei prossimi mesi. Nel corso dell'incontro bilaterale è stato riaffermata la determinazione ad individuare i colpevoli del sequestro, tortura e omicidio del 28enne. La delegazione italiana ha depositato gli esiti degli approfondimenti investigativi svolti sulle attività condotte da Regeni nell'ambito del dottorato di ricerca. Dal canto loro la squadra investigativa egiziana ha presentato gli esiti degli accertamenti tecnici condotti sulle registrazioni video delle telecamere del circuito di videosorveglianza della metropolitana del Cairo del 25 gennaio 2016, e in particolare ha riferito in ordine alle ragioni delle mancate registrazioni rilevate quella sera.
In particolare, su questo punto, gli inquirenti egiziani hanno sostenuto che secondo i loro tecnici i buchi riscontrati nel 'girato' sono dovuti ad una sovrascrittura. Resta il fatto che dall'analisi dei video non è stato possibile individuare alcuna immagine di Regeni. I filmati analizzati rappresentano il 5% del totale ripreso il 25 gennaio 2016 dalle telecamere posizionate all'interno della metropolitana del Cairo (il restante 95% non è risultato utilizzabile). Il lavoro ha riguardato i video di tutta la linea 2 della metro e non soltanto quelli presenti nelle stazioni El Bohoth e Dokki nell'orario compreso tra le 19 e le 21.