Contrasto alla pratica dell'utero in affitto tramite una rogatoria internazionale e la protezione dei minori, "a partire dai loro diritti ad avere una mamma e un papà, a non diventare oggetti di compravendita, di abusi sessuali e pedopornografia e a ricevere un'educazione che non metta in discussione la loro identità sessuale biologica e non li induca a una sessualizzazione precoce". E' uno dei passaggi del documento emerso dalla tre giorni degli organizzatori del Congresso delle famiglie di Verona.
Tra le altre richieste che sollecitano un impegno delle istituzioni: "il riconoscimento della perfetta umanità del concepito, la protezione da ogni ingiusta discriminazione dovuta all'etnia, alle opinioni politiche, all'età, allo stato di salute o all'orientamento sessuale; la tutela delle famiglie in difficoltà economiche, specie se numerose, e delle famiglie rifugiate; il contrasto all'inverno demografico, tramite leggi che incentivino la natalità".
"Verona, la città dell'amore, ha dimostrato davvero di essere la prima Città per la Vita e per la Famiglia - hanno dichiarato il presidente Toni Brandi e Jacopo Coghe - Abbiamo ribadito i valori previsti dalla Costituzione ed espressi dal diritto naturale e, dopo il Family Day, abbiamo rilanciato il nostro ruolo per il bene comune sollecitando le istituzioni ad un'attenzione che non sempre è stata all'altezza. Non ci sono solo i diritti a senso unico, ma i diritti di tutti, soprattutto quelli dei più deboli. La vera forza infatti non si misura da chi hai sconfitto, ma da cosa hai protetto".
È partito da Piazza Bra il corteo finale del Congresso delle Famiglie di Verona. Nel 'salotto' cittadino si sono radunate circa 10.000 persone, secondo le prime stime delle forze dell'ordine, che riempiono metà dello spazio della Bra. I manifestanti sfileranno lungo le vie del centro, per tornare sotto il palco davanti al palazzo comunale. Tra le tante bandiere, quelle di Alleanza cattolica, dei Giuristi per la vita, del Movimento per la vita, gruppi mariani e devozionali e pro-vita.
La Dichiarazione di Verona, adottata per acclamazione a chiusura della manifestazione, contiene una domanda emersa dal tavolo sulla demografia: "Perché la UE prevede fondi salva-stati che, nella pratica sono salva-banche e non istituisce un fondo salva-famiglie?", si sono domandati gli organizzatori del Congresso, Toni Brandi e Jacopo Coghe. La Dichiarazione di Verona prosegue sottolineando "l'urgenza della tutela dei diritti delle donne, dal ricevere valide alternative all'aborto, alla protezione dallo sfruttamento sessuale e dalla pornografia, alla parità di trattamento salariale, fino alla conciliazione tra lavoro e maternità, attraverso più lunghi congedi parentali e - per chi lo desidera - flessibilità, part time o telelavoro. Le madri che scelgano di dedicarsi esclusivamente ai figli e alla famiglia andrebbero tutelate con una remunerazione adeguata per il lavoro casalingo, laddove lo stipendio del coniuge non sia sufficiente per un'esistenza libera e dignitosa". Ulteriori punti del documento riguardano "il radicale contrasto alla diffusione e alla legalizzazione di ogni tipo di droga e la difesa del diritto dei genitori alla libertà di scelta educativa per i propri figli (art. 26 Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo), specie riguardo la sfera sessuale e l'affettività".