La scaletta era la stessa dell'Olimpico, la faraonica scenografia e la super band pure. Ma l'atmosfera, a San Siro, nella prima delle quattro date milanesi, era unica. Perché è al Meazza che Vasco si dà appuntamento con la sua "combriccola" (i suoi fan) ed è qui che ha infranto ogni record, primo a tenere quattro concerti di fila. E c'è chi pensa già ad alzare ulteriormente l'asticella: "La prossima volta - annuncia Roberto De Luca, presidente di Live Nation Italia, la società che organizza gli eventi - di concerti ne facciamo cinque".
Intanto per la prima data del Live kom.14 la liturgia è stata rispettata, con i fan del Blasco a cantare cori fuori dallo stadio fin dal pomeriggio, a riempire le strade e intasare la circolazione. Popolo fedele più che mai, fatto di trentenni e quarantenni che si riconoscono in una "generazione di sconvolti senza più santi né eroi", ma anche di cinquantenni sudati e con i figli appresso. Tutti lì per lui, idolo transgenerazionale, cantautore rockstar autodefinitosi di recente "un duro che dura".
Come dura l'amore della sua gente, cui lui dal palco - tra un pezzo più tirato dell'altro - si rivolge con toni quasi affettuosi. Che se fosse stato per lui, al Meazza sarebbe tornato anche prima: "San Siro, finalmente - urla ai 58.500 devoti, tra cui anche Eros Ramazzotti con neo sposa e bambina - era sempre occupato, finalmente è libero".
Perché è proprio a Milano, dove nel 1990 è partita la sua love story con gli stadi, che si consuma al meglio il processo identificativo del pubblico con il suo idolo: "Siamo solo noi - dice ancora il rocker dopo l'omonimo inno - siete solo voi". E il prato, commosso e sconvolto, ringrazia riempiendosi di cartelli bianchi con scritto solo "grazie", che rimangono alzati fino all'ultimo dei bis, sulle note dell'immancabile "Albachiara".
"Grazie a voi" ricambia Vasco dal palco, mandando a casa il suo pubblico tra i fuochi d'artificio con un combattivo "la rivoluzione siete voi".