A soli 58 anni si è chiusa la triste parabola di Lilli Carati, al secolo Ileana Caravati, ex avvenente e morbida 'ragassa' che incarnò il personaggio uscito dalla penna di Gianni Brera. Icona sexy degli anni Settanta ,scivolò poi rapidamente dal soft-core di quegli anni al porno vero e proprio, passando anche attraverso il tunnel della tossicodipendenza.
Nel suo film forse più noto, 'Il corpo della ragassa', incontra un pigmalione che tenta di trasformarla dalla grezza cameriera Teresin in un raffinato giocattolo sessuale. In un equilibrio sottile tra erotismo e porno, che ha segnato per anni la carriera di Lilli Carati, morta ieri.
Aveva compiuto 58 anni il 26 settembre. Una vita segnata però soprattutto dalla droga, quando il suo nome, sogno di tanti adolescenti degli anni '70, cominciò a comparire più nelle pagine di cronaca nera che in quelle dello spettacolo, tra un arresto, una condanna e pure un tentato suicidio mentre era detenuta nel carcere di Varese.
"Sebbene sia stata sempre io e non rinneghi nulla, mi piacerebbe tornare a recitare perché adesso lo farei in modo più cosciente, più reale..". Così diceva in una intervista di qualche anno fa. Ma le icone di fascino ormai erano cambiate e non erano più gli anni delle bellezze dagli occhi sgranati e ingenui, di cui lei, ma anche Gloria Guida e Barbara Bouchet, erano state le antesignane. Piccola, non tanto alta, capelli scuri, fisico ben proporzionato. "La chiamavamo la 'bambola di velluto'", la ricorda Lino Banfi che recitò con lei negli anni '70, quelli del boom della commedia all'italiana, nel film 'La compagna di banco'.
Lilli Carati, il cui vero nome era Ileana Caravati, nasce a Varese nel 1956 e debutta nel mondo della notorietà come indossatrice. A 18 anni partecipa al miss Italia e conquista una fascia di Miss Eleganza. Nel cinema si fa subito notare come 'La professoressa di scienze naturali', ancora di più in 'Candido erotico' e in un cameo in 'La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia' di Lina Wertmuller. Ma il primo film importante è 'Avere vent'anni', anno 1978, diretto da Fernando Di Leo, insieme a Gloria Guida. Una pellicola discussa, per qualcuno quasi un cult di quegli anni.
L'anno successivo è la cameriera Teresin ne 'Il corpo della ragassa' di Pasquale Festa Campanile, dall'omonimo romanzo di Gianni Brera, interpretato al fianco di Enrico Maria Salerno e Renzo Montagnani. Sembra che sia in quel periodo che Lilli comincia ad avvicinarsi all'eroina.
Ma la sua popolarità è ancora molto alta, appare in tv, in servizi fotografici, recita in altri film di poco successo e a metà degli anni '80 passa al genere porno. I titoli a questo punto variano da 'Una moglie molto infedele' a 'Una ragazza molto viziosa'. Ma la droga ormai le segna la vita. Nel maggio del 1988 i carabinieri la fermano vicino a Varese a bordo di una Fiat 128 in compagnia di un amico: Lilli consegna 4 grammi di eroina che ha cercato di nascondere negli slip. Scatta l'arresto. Per questo episodio nel 1993 verrà condannata a 5 mesi e 10 giorni con i benefici di legge. Ma intanto viene portata in carcere, dove qualche giorno dopo tenta il suicidio tagliandosi le vene.
La carriera cinematografica di Lilli Carati è comunque finita. Negli anni successivi viene spesso invitata in programmi televisivi, soprattutto quando l'argomento è il revival degli anni '70. Intanto è tornata a vivere tra Varese, dove se la ricordano l'ultima volta nel 2010 ad una Notte Bianca, e Induno Olona, sempre nel varesotto, insieme alla madre e alla sorella. E' quest'ultima che l'assiste quando si ammala di tumore e le sta vicino fino all'ultimo, nella struttura sanitaria di Besano, dove ieri è morta. I funerali domani nella parrocchia di Induno Olona. Poi, secondo le sue volontà, sarà cremata
Il ricordo di Lino Banfi: "La chiamavamo bambola di velluto"
Mi dispiace molto, me la ricordo bene. La chiamavamo la 'bambola di velluto', perché era piccolina, non tanto alta, ma molto bella. Aveva un corpo fatto bene, era proporzionata, molto sensuale". Lino Banfi ricorda così Lilli Carati con cui ha recitato negli anni '70, quelli del boom della commedia all'italiana. Ne 'La compagna di banco' del 1977 di Mariano Laurenti, con, oltre a Banfi, Alvaro Vitali e Gianfranco D'Angelo, l'attrice interpretò la figlia di un industriale che si trasferiva a Trani e si iscriveva all'ultimo anno di liceo diventando il sogno erotico di tutti i ragazzi della scuola.
"Quando recitavamo assieme - ricorda l'attore pugliese -, lei era giovanissima, mentre io ero tra i trenta e i quaranta. Non era solo bella, ma era una delle poche attrici brave di allora. Molte delle ragazze che interpretavano quei ruoli erano straniere, erano brave, ma dovevano combattere con la lingua. Ognuna aveva un tipo di sensualità diversa. Lei parlava bene, era molto sveglia. Credo fosse anche colta, perché si esprimeva in modo corretto, dimostrava una certa cultura".
"Era da tempo che non la vedevo - continua Banfi -. Non avevo più notizie di lei, anche perché si era ritirata, credo non recitasse più. Di diverse attrici di quegli anni ho perso le tracce: non ho più notizie ad esempio di Nadia Cassini e mi hanno detto che è in brutte condizioni finanziarie. Mi piacerebbe avere notizie di Anna Maria Rizzoli.
Tra tutte continuo ad avere rapporti solo con Barbara Bouchet, che sta bene e è una bella donna, ed Edwige Fenech. Con lei ho fatto più film che con tutte le altre e ci sentiamo ogni tanto". "Ricordo quegli anni con tanto effetto - dice ancora -. C'era rispetto e delicatezza. Avevo il compito di dire sempre: 'sono arrapeto, sono ingrifeto', toccavo qua, toccavo là, ma si faceva sempre tutto con educazione e delicatezza. Forse per questo mi hanno sempre voluto tutti bene. Anche da giovane, quando ero magro, non sono mai stato abbastanza bello da fare innamorare una di queste attrici bellissime, ma mi hanno tutte portato rispetto"