“Scusa? Sai dirmi perché? I sensi del male, il male senza senso” è il titolo del cortometraggio e della poesia che il soprano d'Arti Silvia Colombini ha realizzato in occasione del Giorno della Memoria.
“Il progetto – spiega l’artista - è nato come omaggio personale per ricordare un mio bisnonno morto a Dachau, ma è poi diventato il mio messaggio artistico sul tema della Memoria”. “Scusa? Sai dirmi perché?” è la frase che pronuncia un bambino a piedi nudi vestito di bianco, prima di spezzare le catene di filo spinato che bloccano le mani dell’artista che canta il suo dolore, mentre sullo sfondo si sente il rumore dei treni che trasportavano i deportati nei campi di sterminio.
"E’ una donna – sottolinea ancora Colombini - che nella deportazione perde addirittura la percezione di se stessa come essere umano; nella mente ha solo il suono del treno, e suoi occhi sono ciechi perché cieco è il mondo verso l'orrore. Chiede alla terra se ancora è in grado di riconoscerla come suo frutto. Il bambino, che lei chiama Futuro e a cui aveva un giorno donato la vita recidendo il loro cordone ombelicale, torna ora per tagliare la sua catena di morte restituendole dignità. Solo in quel momento la donna recupera umanità potendo riascoltare il suono del suo cuore. Il cielo e il bambino sono bianchi come un foglio su cui saranno impressi i nostri indivisibili destini e su cui il futuro scriverà la storia”.
Ancora un messaggio di dignità da parte del soprano che da sempre mette la sua voce al servizio dei diritti umani e che ha recentemente partecipato alla Prima della Scala con la scritta dipinta sulla pelle: "Rinasci dalla Dignità", a sostegno della lotta contro la violenza sulle donne.
L’opera si compone anche della seguente poesia:
Il treno è diventato l’unico suono della mia mente
Le rotaie sono scale orizzontali
Ogni traversina, un gradino verso l’oblio
Sono trasportata sulla via del nulla
Per diventare nulla
Prelevata
De-portata Portata-via
Portata via perfino da me stessa
Mi ricordo quando ero bambina, avevo occhi vivaci e i capelli intrecciati stretti stretti
Scrivevo sul foglio bianco del mio quaderno
Udito, tatto, olfatto, gusto, vista
Scrivevo e disegnavo disordinatamente
Davo un nome a ciò che già conoscevo
Si confonde il rumore del treno
Si mescola al suono di un organetto
O forse sono preghiere bisbigliate
Forse
Forse è solo l’illusione di saper ancora ascoltare
L’illusione di ricordare un prima
Correva il treno o forse andava lento
Ma la scala mi ha portato proprio in fondo
Nel punto più buio
Dove io non mi vedo più
Sono muro, sono filo spinato, sono mani che bruciano di freddo,
Sono il dolore della fame, sono rotaie sonanti
Sono diventata tutto ciò che mi costringe
Voglio toccare la terra
Tu terra, mi sei ancora madre?
Mi riconosci ancora, almeno tu?
Tu terra, sai ancora sorreggere il mio inutile peso?
Chi sono?
Dove sono?
Quando sono?
Chi sei tu?
Io ti conosco
Un giorno recisi il nostro cordone ombelicale e ti chiamai Futuro
Divisi la tua vita dalla mia per darti la vita
Ora tu torni da me
E siamo soli
Io e tu
Piccolo
Fragile
Forte Futuro
Sei bianco come un foglio
Ma io non posso darti parole da imprimervi
Solo i tuoi occhi che sono ancora in grado di vedere potranno raccontare
I miei sono vuoti per aver troppo veduto
Sono secchi per tutte le lacrime ignorate
Non sopporto il tuo candore!
Graffia le mie pupille
Ma è la cecità del mondo che mi ha reso cieca
Tu che ancora puoi, guarda!
Guardami!
Futuro
Questo ti grida, muta, la mia bocca arsa
Io sono il ramo reciso, la fronda ritenuta impura e indegna
Ma la pianta soffoca senza tutti i suoi rami e il seme di quest’albero è nascosto in fondo alla terra
Non c’è follia che possa estirparlo
“Scusa, sai dirmi perché?"
Non credevo di poter udire la tua voce
Vedi? Siamo soli
Io e tu
Spezzi il mio cordone di morte
Unisci la tua alla mia vita
Per restituirmi il suono del mio cuore
Le mie mani dislegate
Sono il nostro patto
E ora
Cerco il sostegno del cielo
Voglio toccare l’immenso foglio bianco su cui tutti i nostri destini sono inseparabilmente scritti
Come parole che insiemetrovanosenso
Le mie braccia
Sono rami vivi
Vedi?
Siamo soli
Io e tu
Ma tu ed io siamo tutto
Silvia Colombini dedica questo lavoro a Pietro Sisinni (Scilla 1886 – Dachau 1945)
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Da un’idea originale di Silvia Colombini (soprano, autrice, testo, regia), Maestro Francesco Marano (pianoforte, tastiere, sintetizzatori), Alessandro Caré (riprese). Un ringraziamento speciale a Francesca La Mantia (montaggio e assistenza alla regia). Si ringraziano inoltre le sale di incisione: DBRS (www.dbrs.it) e METROPOLIS (www.metropolis-studio.it) e l'artista Tiziano Colombo