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Marmi e colori, la prima reggia di Nerone mai vista

Dopo 10 anni di restauri apre al Palatino la Domus Transitoria

(ANSA) - ROMA, 11 APR -Nella penombra degli ambienti oggi sotterranei, il verde brillante, il giallo aranciato, il rosso e il grigio screziato dei marmi arrivati da tutto l'impero risalta con prepotenza assoluta, sostenuto da una lucentezza che duemila anni dopo ancora, incredibilmente, abbaglia.Sui muri glabri, segnati dal tempo e dall'umidità oltre che dalle spoliazioni feroci dei Farnese, stupiscono qua e là frammenti di delicate pitture, testine, amorini, ghirlande vermiglie.

Di fatto aperta per la prima volta al pubblico, eccola la Domus Transitoria, la prima grande villa che Nerone si fece costruire sul Palatino. Sfarzosa e raffinata, pensata per accogliere e per stupire sul modello delle regge tolemaiche, fu poi dismessa e interrata dopo l'incendio del '64 dallo stesso imperatore, che volle sostituirla con l'ancora più grande e più ricca Domus Aurea. "Eppure in questi ambienti c'era in nuce tutto, quasi una prova tecnica di quella che sarà poi la Domus Aurea", spiega cortese la direttrice del Parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo.

Dieci anni di studi e di restauri, ma anche di messa in sicurezza degli ambienti, hanno permesso di restituire al pubblico circa 800 metri quadrati di questa prestigiosa dimora, da domani inseriti nel nuovo percorso neroniano, con visite dal lunedì al venerdì per piccoli gruppi rigorosamente accompagnati. Non è stato facile, certo. Perché i faraonici e velocissimi lavori di costruzione della Domus Aurea all'epoca e gli scavi settecenteschi poi hanno fatto in gran parte strage di quel glossario di meraviglie che l'imperatore aveva voluto per la sua reggia, che pare prendesse il nome dal fatto che si estendeva dal Palatino all'Esquilino.

A dispetto delle difficoltà, l'incanto oggi è assicurato, grazie alla sapiente illuminazione, ma anche a proiezioni e visori 3d che permettono ai visitatori di riscoprirne tutto il fascino, trascinati in una dimensione dove marmi colorati, fontane zampillanti e ciclopiche colonne di porfido rosso riprendono quasi vita. Niente di fantasioso, avverte la direttrice Russo, che sottolinea il rigore scientifico delle ricostruzioni, basate sui risultati della lunga campagna di studio. Ecco quindi che ci si ritrova nel grande ambiente con il ninfeo e i giochi d'acqua (non a caso per decenni questi ambienti sono stati confusi con le terme di Livia), nicchie, colonne, sfarzo colorato ovunque. Nerone, raccontano storici e archeologi, trascorreva qui le ore della canicola estiva, riparato dal grande portico forse ricoperto da un soffitto in legno decorato, forse semplicemente sotto l'ombra di leggeri e opulenti tendaggi. L'occhio gira e il tripudio dei marmi si rincorre, con colori così accecanti e preziosi che solo qui pare si ritrovino. Per l'imperatore, fanno notare gli storici, un modo di più per sottolineare quanto esteso fosse il suo potere sul mondo. E non solo: lasciandosi alle spalle l'enorme ambiente del triclinio, dove si affacciavano da una parte e dall'altra saloni altrettanto grandiosi, si incontrano altri marmi e altre tracce dell'acqua, perché l'acqua - fa notare la direttrice Russo - in questo edificio era un po' dappertutto.

A sorpresa si scopre anche un'enorme latrina, addirittura da 50 posti, costruita forse in un secondo tempo, proprio quando si stava tirando su in gran fretta la Domus Aurea, come servizio al nuovo cantiere. E poi pareti decorate con fiori, foglie, piante, una specie di lussureggiante giardino. In gran parte strappati trecento anni fa dai Farnese, molti decori originali di questi ambienti si sono purtroppo persi e dispersi tra privati, collezioni, musei. Lacerti dei soffitti decorati sono però conservati nel museo Palatino, subito accanto all'entrata della Domus e parte del percorso, insieme anche ai fregi dorati e ad altri tesori.

A questi in via eccezionale si aggiungono ora - concessi per tre anni dal Museo Nazionale Archeologico di Napoli nell'ambito di un più articolato rapporto di collaborazione con il Parco del Colosseo - alcuni affreschi distaccati da un ambiente coperto da una volta a botte: due grandi fregi e una serie di formelle, così delicate e poetiche da suggerire l'attribuzione a Famulus o Fabullus, il pittore della Domus Aurea citato da Plinio. D'altronde non stupisce, visto che qui Nerone stava già sperimentando la sua idea di una reggia all'orientale, estesa in quasi tutta la città. I contemporanei lo criticavano e lo irridevano. Lui, colto e raffinato a dispetto della storiografia che ne ha fatto una sorta di macchietta, pare fosse invece fermamente convinto anche del ruolo politico di una simile dimora. Tant'è, sembra che prendendo possesso della Domus Transitoria sospirasse: "Finalmente comincerò ad abitare come un uomo". (ANSA). 

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