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Venezia: 'Il palazzo' dei sogni perduti

Venezia

Venezia: 'Il palazzo' dei sogni perduti

Il documentario di Federica Di Giacomo alle Giornate Autori

ROMA, 05 settembre 2021, 12:56

Redazione ANSA

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Un palazzo al centro di Roma (vista Vaticano) diventato per anni un set permanente di un film mai finito, girato con i vari inquilini (soprattutto aspiranti artisti e studenti) e diretto da Mauro Fagioli, regista nelle intenzioni, che ha finito per isolarsi nella sua 'torre' dove è morto prematuramente per malattia. E' la curiosa e spiazzante ambientazione de Il palazzo, il documentario di Federica Di Giacomo, che debutta alla Mostra internazionale del cinema di Venezia come evento speciale nelle Giornate degli Autori. Vincitrice nel 2016 al lido del premio per il miglior film nella sezione Orizzonti con Liberami, film non fiction sulla rinascita della pratica dell'esorcismo, stavolta la regista affronta un tema anche autobiografico, visto che oltre 10 anni fa era stata per un periodo, ingaggiata come operatrice di macchina per il film sperimentale di Fagioli. L'opera era finanziata, come ogni attività del palazzo dal proprietario dello stabile, Rocco, pronto a investire come un mecenate d'altri tempi, nella cultura, nell'arte e negli artisti (oltre che nei suoi dischi da musicista) le risorse di famiglia, non facendo neanche pagare l'affitto. "L'interesse per me veniva dall'isolamento di questa comunità, non dettata da condizioni socio economiche particolari ma dal tentativo di creare cultura là dentro senza avere nessuna relazione con l'esterno - spiega all'ANSA Federica di Giacomo -. Avevo iniziato il documentario quando Mauro aveva deciso con Rocco di finire il suo film". Dopo poco però è venuto a mancare "e io ho deciso di continuare il racconto, per l'energia che ho sentito nella riunione di amici nata dalla sua scomparsa". Il racconto prende il via proprio dal ritrovarsi dopo anni di molti dei protagonisti del film incompiuto (le cui immagini punteggiano il documentario, ndr) allontanatasi via via del palazzo. "Ho pensato sarebbe stato interessante vivere con loro questa elaborazione del lutto per una realtà che racchiudeva tutti i loro sogni giovanili e aspirazioni". L'autrice spera "che nel film ci sia uno sguardo tenero su loro, che si raccontano con grande autoironia, e tutti noi, questo è anche un film generazionale".
   

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