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Morta Nadine Gordimer, piccola grande donna contro l'apartheid

Si è spenta all'età di 90 anni, aveva un cancro al pancreas

Minuta ma con una straordinaria energia, Nadine Gordimer ha visto con i suoi occhi vispi, nitidi e un pò severi, come la sua scrittura, l'apartheid e ha sempre combattuto contro le ingiustizie, tutte. Era, come dice Inge Feltrinelli, il suo editore italiano, "una minuscola, piccola grande donna. Una battagliera fantastica per tutti i diritti umani e civili".

Amica di Nelson Mandela ("se non ci fosse stato lui il Paese sarebbe sprofondato nella guerra civile, ci e' andato vicino" diceva) e di tanti leader della lotta contro l'apartheid è stata fra i membri fondatori del Congress of South African Writers. Fino all'ultimo la scrittrice sudafricana Premio Nobel nel 1991, morta oggi a 90 anni nella sua casa a Johannesburg, ha combattuto con coraggio anche una battaglia personale, quella contro il tumore al pancreas che aveva annunciato di avere lo scorso marzo dicendo addio alla scrittura. "Scrivere mi fa stare male e sono troppo critica, troppo esigente verso il mio lavoro, non credo che accetterei qualcosa che non mi soddisfa" aveva detto. Così come si era più volte dichiarata convinta che il valore di uno scrittore stia nelle sue opere, in quello che scrive.

Nel 1974 vincitrice del Booker Prize, nel 2002 del Premio Internazionale Primo Levi e nel gennaio 2007 del Premio Grinzane Cavour per la Letteratura, il suo ultimo romanzo pubblicato in Italia è 'Ora o mai più' (Feltrinelli) del 2012 che racconta una storia del dopo apartheid ma che affonda le sue radici nel prima con protagonisti la nera Jabu di una povera famiglia della tradizione zulu e il bianco, benestante e borghese Steve. Poi è arrivato, nel 2014, 'Racconti di una vita'. E il 15 ottobre uscirà per Feltrinelli 'Tempi da raccontare', una raccolta di saggi, articoli e conferenze, scritti nell'arco di mezzo secolo, in cui sono al centro le sue passioni, convinzioni, letture, l'impegno e la lunga lotta di contro l'apartheid. Figlia di un ebreo russo e di un'ebrea inglese, nata nel Transvaal, nel borgo minerario di Springs a est di Johannesburg, il 20 novembre del 1923, la Gordimer, ha più volte detto che "la sua sensibilità alle ingiustizie" veniva "dall'essere cresciuta in Sudafrica". Ma fino all'ultimo ha invitato anche a guardare avanti, al Sudafrica del dopo apartheid, dopo aver vissuto l'euforia della realizzazione di un sogno che aveva paragonato a quella "della caduta del muro di Berlino", e consapevole che il razzismo non era sconfitto.

Con il suo stile secco, essenziale, nitido, distaccato ha messo nei suoi romanzi ognuno di fronte a se stesso a partire dal Toby di 'Un mondo di stranieri', che troviamo nella sua prima opera tradotta in Italia da Feltrinelli nel '61 e scritta nel '58 alla vigilia delle prime rivolte nere organizzate e delle durissime repressioni. Ne 'I giorni della menzogna' (The Lying Days), sua opera prima del '53 c'è invece una ragazza che con dolore si allontana dalla sua famiglia bianca, ostile ai neri. Mentre ne 'La figlia di Burger' una giovane donna, figlia di un uomo morto in prigione, cerca di fuggire dal suo destino e dal Sudafrica e finisce anche lei in cella.

La famiglia, i bianchi rifiutati dai bianchi, i neri visti con sospetto, il futuro come un'incognita sono i temi al centro della maggior parte dei suoi romanzi e racconti che insieme ai saggi costituiscono una sterminata produzione. Cosi' in 'Luglio' uscito per Rizzoli nel 1984 una famiglia bianca, nei giorni vincenti della rivolta, viene nascosta dal proprio servitore. Mentre in 'Sveglia!' del 2006 il protagonista Paul Bannerman è un ambientalista malato di cancro reso radioattivo dalla cura che sta facendo. La costante di tutte le sue opere è "quel coraggio nella vita e talento nelle opere" che dovrebbe essere il credo di tutti gli scrittori come ricordò invocando Camus nel suo discorso per il Premio Nobel.

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