Febbraio vede una nuova vivacità dei prezzi. La deflazione rallenta al -0,1% rispetto al 2014 e l'indice generale torna a crescere su base mensile dello 0,4%. E' il quadro che emerge dai dati definitivi dell'Istat, che migliorano sia rispetto a quelli di gennaio (-0,6% su base annuale e -0,4% sul mese) sia rispetto alla stima preliminare di febbraio (-0,2% sull'anno e +0,3% sul mese). Per il carrello della spesa, in particolare, l'inflazione riprende a salire e i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona aumentano dello 0,7% su base annua. Dai prezzi arrivano così segnali positivi in attesa degli effetti del quantitative easing, il piano straordinario avviato il 9 marzo dalla Bce per portare l'inflazione vicino al 2%.
A questi segnali si affianca, però, una nuova crescita del debito pubblico e delle tasse che emerge dal Supplemento 'Finanza pubblica, fabbisogno e debito' della Banca d'Italia. Il debito è infatti salito a gennaio di 31 miliardi, fino a 2.165,9 miliardi, e si è avvicinato al massimo storico di 2.167,7 miliardi registrato a luglio 2014. Quanto alle entrate tributarie, sempre a gennaio, sono state pari a 31,3 miliardi, in lieve aumento rispetto allo stesso mese del 2014, quando erano 31 miliardi (anche se la significatività di questi dati è limitata da disomogeneità nei tempi e nella contabilizzazione). ''Si riducono i rischi di deflazione'', commenta l'ufficio studi di Confcommercio, ma ''solo nei prossimi mesi, con il pieno operare dei favorevoli impulsi esterni e una eventuale politica fiscale interna più distensiva, potrà concretizzarsi un'apprezzabile positiva ripresa economica''. Le associazioni dei consumatori sono meno ottimiste. Federconsumatori e Adusbef definiscono la situazione ''drammatica'' mentre il Codacons ricorda che dall'inizio del 2015 ci si aspettava dati migliori e che la frenata della deflazione è attribuibile unicamente alla ripresa del petrolio. L'Unione nazionale dei consumatori calcola, infine, che i rincari del carrello della spesa costeranno 46 euro a famiglia, un problema in più per il 14,2% delle famiglie che già non riesce a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni.