La corsa alla presidenza di Confindustria andrà avanti con due soli candidati, e sarà un serrato testa a testa tra il bolognese Alberto Vacchi ed il salernitano Vincenzo Boccia. Al primo check-point hanno deciso di fermarsi Aurelio Regina, che passa al fianco di Alberto Vacchi, e Marco Bonometti, il quale esce di scena con un attacco al vetriolo. "I vincoli imposti ai candidati hanno favorito 'il professionismo confindustriale' che ha potuto lavorare indisturbato, tessendo ragnatele e scambiando consensi, come la peggiore politica da noi sempre vituperata", "Questo non è nel mio dna", sottolinea con una nota l'industriale bresciano. Poco prima, parlando con i giornalisti subito dopo l'incontro con i saggi, i toni di Bonometti (che aveva già deciso il ritiro) erano stati più sereni: "Stiamo cercando di mettere le basi per una Confindustria forte e unita e stiamo cercando di trovare la convergenza sull'unità ". Cosa è accaduto? Non deve essere stata una giornata facile nella sede di Assolombarda dove la 'commissione dei saggi', chiuse le consultazioni, ha riferito riservatamente ai candidati un primo verdetto sul consenso riscosso. Le indiscrezioni raccontano del pressing di alcune diplomazie confindustriali per un accordo in extremis tra tutti gli industriali in corsa, una sorta di super-ticket (un presidente e tre vicepresidenti) su cui c'è chi ha opposto un secco no. E raccontano di un richiamo netto del presidente Giorgio Squinzi, arrivato in via Pantano, a mantenere la competizione nell'ambito del rispetto assoluto delle nuove regole del gioco, evitando così compromessi poco trasparenti. "In queste settimane - ha spiegato Regina - fra i tanti che hanno sostenuto la mia candidatura ho riscontrato una forte spinta per convergere sul programma di Alberto Vacchi"; quindi la decisione: "Ho comunicato ai saggi, prima ancora che me lo chiedessero, che ho ritirato la disponibilità a candidarmi". Non porterà con sè tutto il pacchetto di voti della sua roccaforte, gli industriali del Lazio: non si riposizioneranno formalmente per uno dei due candidati rimasti in corsa, hanno preferito la formula della libertà di voto. Marco Bonometti, sostenuto soprattutto dagli industriali della sua Brescia (in una Lombardia divisa), ribadisce: "Avevo detto subito che non mi interessava una poltrona, che non volevo voti di scambio, che non ero disponibile a compromessi", "il 17 marzo vedremo i programmi e decideremo su programmi e progetti". E' sotto accusa, per l'industriale bresciano, "l'illogicità " della recente riforma di Confindustria, al primo test per le regole elettorali: "Non è stato possibile un confronto aperto", dice, per l'obbligo di bocche cucite in pubblico ed il divieto anche nel dibattito interno di parlare dei programmi prima del giorno previsto per presentarli, il 17 marzo, quindi "solo dopo la conclusione delle consultazioni" che intanto hanno già portato ai primi verdetti. Uscito di scena il 'meccanico' Bonometti, Alberto Vacchi incassa il sostegno di Federmeccanica che aveva deciso di puntare su un industriale del settore e non si era ancora espressa tra i due in gioco. Tra le schermaglie della giornata, il vicepresidente di Assolombarda Carlo Bonomi bolla come "leggenda metropolitana" il fronte comune dei 'piccoli' industriali per Boccia; ribatte il leader della 'Piccola Industria', Alberto Baban: la 'piccola' è "compatta", "sia a livello territoriale che nazionale resta coerente con la sua indicazione data fin da subito: il sostegno a Vincenzo Boccia".