Moody's taglia per la prima volta dal 1989, ad 'A1' da 'Aa3', il rating della Cina, a causa dei timori sul rallentamento della crescita economica e sull'aumento del debito governativo proiettato verso il 40% del Pil per il 2018. L'agenzia di valutazione, in una nota, ha comunicato di aver anche modificato l'outlook da 'negativo' a 'stabile'.
La decisione chiude un lungo periodo segnato da una crescita impetuosa e dall'uscita dalla soglia di povertà per oltre 600 milioni di persone.
Il downgrade di oggi corrisponde al primo cambio di giudizio (verso l'alto o verso il basso) sul Dragone espresso negli ultimi sette anni da una delle 'Big three' agenzie di rating internazionale: S&P's, Moody's e Fitch.
La questione è se S&P's deciderà di seguire Moody's, avendo emesso l'outlook negativo su Pechino a febbraio 2016, ponendo le basi per il possibile downgrade. Attualmente, il giudizio di S&P's è un gradino superiore a quelli di Moody's e Fitch.
Il taglio del rating sulla Cina, da Aa3 ad A1 annunciato oggi da Moody's, è basato su un approccio "pro-ciclico" dei giudizi "non appropriato": è la risposta del ministero delle Finanze, affidata a un comunicato, sulla prima "bocciatura" in oltre 25 anni. I punti esaminati "sovrastimano le difficoltà dell'economia cinese e sottostimano le capacità della Cina di rafforzare le riforme strutturali sul lato dell'offerta e di espandere la domanda nel suo complesso".