Arriva da Bruxelles la prima doccia fredda dell'anno sui conti pubblici italiani. Alla luce dei dati negativi dell'ultimo trimestre 2018, e dopo aver studiato a fondo gli effetti della manovra, la Commissione europea si avvia a tagliare drasticamente le stime di crescita. Secondo quanto appreso dall'ANSA, il Pil 2019 si fermerà a 0,2%, dall'1,2% previsto a novembre. E' il taglio più ampio di tutta l'Unione europea, che lascia l'Italia confinata all'ultimo posto della classifica della crescita. Meno drammatica la visione del Fondo monetario internazionale, che conferma la stima di dicembre (0,6%) ma lancia l'allarme sul rischio "contagio" in caso di stress, e dà una stoccata alle due misure cardine del Governo: il reddito di cittadinanza "rischia di essere un disincentivo al lavoro", e quota 100 di "aumentare i costi pensionistici". Immediata la replica del vicepremier Luigi Di Maio: "Chi ha affamato i popoli appoggiando l'austerità non può criticare". Anche l'Ufficio parlamentare di bilancio rivede le sue stime, con un rallentamento che si ferma a 0,4%. E' un quadro molto cupo quello che traccerà la Commissione Ue nelle previsioni economiche invernali in arrivo domani. Soprattutto perché la frenata del Pil 2019 a 0,2%, laddove il Governo stima invece l'1%, tiene già conto degli effetti delle misure inserite in manovra.
Per Bruxelles, di fatto, non avranno alcun impatto anticiclico, perché non saranno in grado di contrastare il rallentamento dovuto in prima battuta al calo dell'economia tedesca, e poi al quadro geopolitico con una Brexit disordinata sempre più probabile e le guerre commerciali. L'economia italiana sarà di nuovo fanalino di coda, con il rischio che deficit e debito vadano fuori controllo. Ma saranno le previsioni di maggio a dirlo, perché domani la Ue pubblicherà solo Pil e inflazione. Il Governo non si allarma, anzi, il vicepremier Matteo Salvini ironizza: "non ci hanno mai beccato, portano fortuna". E si rallegra dell' "ottimo risultato" dell'asta record dei Btp a 30 anni, che effettivamente raccoglie 41 miliardi di ordini: "segno evidente - dice il vicepremier - della fiducia che c'è nell'economia italiana". Il Fondo monetario è meno pessimista della Commissione Ue e lascia il Pil 2019 invariato a 0,6%, dopo il +1% del 2018. Un rallentamento che "riflette una crescita più lenta dell'area euro" e "una maggiore incertezza politica interna come evidenziato dagli elevati costi" del finanziamento del debito sovrano. Il Fondo riconosce che la coalizione gialloverde "ha ereditato problemi difficili e di vecchia data", ma si dice allo stesso tempo preoccupato "che la strategia del governo non sia all'altezza delle ampie riforme necessarie" all'Italia. Cioè riforme strutturali per aumentare la produttività e sbloccare il potenziale. Perché solo "un più alto potenziale di crescita, e non gli stimoli di bilancio o il rovesciamento delle riforme, è l'unica strada duratura per migliorare i risultati economici". Per l'Fmi le scelte degli attuali politici al potere invece "rischiano di lasciare l'Italia vulnerabile a una nuova perdita di fiducia del mercato anche in assenza di ulteriori shock". Non solo: in caso questi stress invece si verificassero, l'economia italiana "potrebbe spingere i mercati globali in territori inesplorati".
E con il debito che "resta una perenne fonte di debolezza", il rischio è sempre dietro l'angolo, osserva il Fondo, che vede un deficit fermo al 2,1% per quest'anno, vicino allo 2,04% stimato dal Governo. Il debito, invece, si attesterà a 130,9% nel 2019 rimarrà sopra quota 130 fino al 2023. Anche l'Ufficio parlamentare di bilancio si allinea alla revisione al ribasso delle stime sull'Italia. Nel trimestre in corso l'attività risulterebbe "ancora debole", tanto da far registrare un Pil "stagnante o debolmente negativo", che si riprenderà nei trimestri successivi grazie alla spinta delle misure espansive. Sull'anno il Pil si fermerà comunque a 0,4%, mentre nel 2020 salirà dello 0,8%. Ma sulle previsioni, precisa l'Upb, "pesano rischi al ribasso".