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Aggiungi un boss a tavola

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Mafia va su cibo Dop e prende fondi Ue


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Dai prodotti Dop a quelli contraffatti fino al rischio di uno scandalo suini dalla Germania. La Piovra incassa miliardi dai fondi europei, condiziona i prezzi dei prodotti, in qualità del made in Italy, lancia la sfida a colossi come Eataly. E incombe sull’Expo 2015

di Lorenzo Attianese


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Uova, farina e pistole: la mafia impugna la forchetta. E lievita miliardi di euro. Dopo la crisi del mattone, le organizzazioni criminali hanno deciso di investire sulla produzione di cibo con cifre a nove zeri, che hanno fruttato a Cosa Nostra & Co già 14 miliardi in un anno. La strategia è soddisfare le esigenze di tutti: dal cibo di qualità alla contraffazione. Con un ‘contributo’ dall’Ue, grazie al denaro riscosso dalle truffe sui fondi messi a disposizione dall’Europa. In meno di due anni i finanziamenti illeciti ai danni dello Stato e dell’Unione sono più che triplicati e puntano a quadruplicarsi. Basti pensare che nell’ambito dei controlli mirati del Nucleo Antifrodi dei Carabinieri (Nac), il 70% dei finanziamenti sono risultati irregolari. In un anno i soldi incassati dalle truffe all’Ue e altri contributi ammontano a 28 milioni di euro. Denaro richiesto per progetti fantasma, cifre di produzione alterate, false intestazioni di titoli e terreni, a volte risultati persino di proprietà dello Stato, anche attraverso le violazioni al Sistema Informativo Agricolo Nazionale.

Il metodo è quello della “parcellizzazione”: per non destare sospetti, vengono chieste tante piccole somme al di sotto dei 150mila euro ognuna, una cifra al di sotto della quale la certificazione antimafia non è richiesta. Dietro - secondo gli investigatori - c’è la regia dei clan e delle ‘ndrine, in Calabria soprattutto grazie alla corruzione di alcuni addetti ai controlli. Basti pensare che tra i truffatori individuati ci sono anche mogli di latitanti. Di queste vicende si stanno ora occupando le Procure e la Dda, con 900 imputati in attesa di giudizio. Un dato è ormai certo: finanziamenti come il Fondo Europeo Agricolo di Garanzia e il Fondo di sviluppo rurale hanno quindi finito per riempire il salvadanaio delle agromafie, che controllano i mercati agroalimentari.

Caselli: settore alimentare attira mafie

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La frode è servita

L’attenzione è anche rivolta ai piccoli gruppi di imprenditori della contraffazione. A Trapani è stato recentemente accertato l’interesse di alcune famiglie sul mercato ittico e dell’ortofrutta proveniente dal Nord Africa ed etichettato come prodotto nazionale. Il falso Made In Italy di importazione proviene spesso dall’Europa, dove i mercati più battuti sono Spagna, Grecia, Romania e Germania. Lo scorso anno solo i Nac hanno sequestrato 9mila tonnellate di prodotti contraffatti dal Nord al Sud dell’Italia. Contraffazione ma anche infiltrazioni nella filiera, che si ripercuotono sul mercato moltiplicando i prezzi fino a tre volte. Un esempio su tutti è il carico delle fragole che – secondo la decisione del ‘cartello delle mafie’- partiva dalla Sicilia e arrivava fino al mercato di Fondi per essere impacchettato, attraversando mezza Italia per poi tornare indietro ed essere nuovamente inviato a Milano. Questi giri possono portare a maggiorazioni fino al 200%.

Tutti meccanismi del cosiddetto ‘Federalismo mafioso’: basta ricordare le indagini sul controllo dei grandi mercati argroalimentari di Fondi, Latina, Gela, Ragusa e le infiltrazioni a Milano, con l’alleanza di Casalesi, ‘ndrine e Cosa Nostra che si dividevano gli interessi nella filiera. Così come a Palermo e Trapani da tempo è stato accertato il coinvolgimento di appartenenti alla famiglia di Salvatore Riina in alcune società del settore, mentre il latitante Matteo Messina Denaro nutre interessi diretti nel controllo della catena di grandi supermercati in tutta Italia.

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Coldiretti: Mafie sfruttano opacità norme

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Maiali con cittadinanza italiana, l’anarchia alimentare

Dall’olio odorato e miscelato con clorofilla al latte congelato o contaminato della Campania, Emilia Romagna e Puglia, tutto diventa una truffa. Ma stavolta c’è il rischio di un ‘Pork-gate’, qualcosa di simile allo scandalo sulla carne di cavallo sostituita a quella bovina. Nel nostro Paese arriva dalla Germania la carne di maiali allevati in strutture con 150mila capi ammassati in capannoni gestiti da finte coop in mano alla mafia russa e polacca. Dalle indagini, ancora in corso, si tratta di animali tenuti in condizioni precarie, che si ammalano facilmente. Quella carne ‘a rischio’ diventa Made in Italy e la colpa è della mancanza di regole chiare, che permettono di importare pesci lavorati o carne suina i quali, se stagionati in Italia, possono essere etichettati come un prodotto del nostro Paese. Ed ecco che – grazie ai canali giusti – i maiali allevati all’estero diventano prosciutto di Parma o bresaola della Valtellina.

A spiegare l’anarchia alimentare che regna nel Vecchio Continente è il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, per il quale “c’è poca chiarezza nelle regole comunitarie. Bisogna indicare etichetta di origine, ancora oggi per i consumatori non è possibile conoscere la vera provenienza della maggior parte dei prodotti. Dati di cui sono a conoscenza solo l’agenzia delle dogane e il ministro della Salute, per tutti gli altri è un segreto di Stato”.

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