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Ibernazione piace anche agli italiani
Il fenomeno dell’ibernazione coinvolge anche alcuni italiani: uno di loro è già criopreservato e la stessa sorte toccherà ad altri che hanno pagato decine di migliaia di euro. Le società conservano già 200 corpi. Senza garanzie scientifiche, né economiche
Un patto per entrare nelle anticamere dell'eternità, custodite in lunghi stanzoni con grosse cisterne verticali. Dentro ci sono corpi umani sospesi a testa in giù, immersi nell’azoto liquido a meno 196 gradi: è qui che il lutto diventa speranza e la scienza una religione. Che vende la resurrezione. Duemila persone hanno già firmato il loro contratto ed aspettano di essere ibernate quando il cuore non batterà più. Per ora, in quelle cisterne chiamate tewar, ci sono già duecento corpi compreso quello di un italiano. La crionica, ovvero la preservazione a basse temperature di esseri umani morti con la speranza di ripristinare in futuro le loro funzioni vitali, è un fenomeno che riguarda anche l’Italia. Nel nostro Paese una decina di persone ha già sottoscritto un documento per chiedere che il proprio corpo venga criopreservato. E pagato tariffe che variano dai 28mila ai 150mila euro. Nella maggior parte si tratta di cifre messe a disposizione grazie alla stipula di assicurazioni sulla vita, con pagamenti rateali nel corso degli anni. Ma per chi le sottoscrive sono polizze per inseguire l’immortalità. Per loro, guai a chiamarla fantascienza.
Un fatto è certo: oltre alle due società già esistenti da anni negli Stati Uniti, la Alcor ed il Cryonics Institute, ne è nata anche una in Russia, la Kryorus, ed in Europa l’Inghilterra e la Germania sono tra i Paesi con il maggiore seguito di ‘crionicisti’. Sul web cresce la pubblicità, i progetti che diffondono il messaggio della crionica ed il fenomeno è in espansione. Esistono ormai associazioni in tutto il mondo e sono allo studio delle app per facilitare e velocizzare il sistema di trasporto dei corpi all’interno delle strutture per l’ibernazione. Il tutto in attesa che “la scienza della rianimazione tra cinquanta o cento anni sarà molto più avanzata di oggi”, perché – secondo Max More, il capo della californiana Alcor, - le persone “che oggi soccombono ad una condizione fatale sono in effetti recuperabili. L’obiettivo è riuscire a preservarli per il futuro, quando una tecnologia più avanzata sarà in grado di riportarli in vita. Questa è la base della crionica”. Poi il testimone sarà passato a chi – loro ne sono certi - scioglierà quel rebus ancora irrisolto.
Le sacche di ghiaccio come un sudario, poi l’iniezione del crioprotettore al posto del sangue. Infine il lungo viaggio nel fiume gelato di azoto liquido a 196 gradi sotto lo zero. Un viaggio immobile che dovrebbe durare molti decenni, forse diversi secoli. E colui che per il senso comune è un morto, qui diventa “paziente”. Dunque nessun decesso, secondo i crionicisti. E’ stato solo premuto il tasto pausa in attesa di ricominciare. In alcuni casi, negli Usa, la pratica crionica inizia già quando alcune persone sono nella fase di una malattia terminale o in età molto avanzata. Un team della società va al capezzale del letto e quando la morte legale viene dichiarata, il corpo viene immerso in un bagno di ghiaccio per abbassarne la temperatura. Poi vengono somministrati diversi medicinali, nel tentativo di rallentare il metabolismo affinché non si deteriorino le cellule. Dopo aver fatto circolare il sangue con una macchina per la perfusione (o ‘inondazione’), una volta all’interno del centro crionico, viene iniettato il crioprotettore o l’eparina, che nelle vene sostituiranno il sangue. Si tratta di sostanze vitrificanti ed anti congelanti, che hanno comunque un tasso di tossicità, ma che è ritenuta una soluzione migliore al rischio della formazione di ghiaccio all’interno del corpo. In pochi giorni viene gradualmente abbassata la temperatura, fino ad arrivare a meno 196 gradi: a quella temperatura – secondo i crionici – è possibile aspettare anche cento anni all’interno dei tewar, cisterne verticali che contengono fino a sei corpi a testa in giù. Dopodiché toccherà al progresso scientifico fare la sua parte.
La fede - secondo Max More – sta nel fatto che “già rispetto a cinquanta anni fa, i medici eseguono tecniche come la rianimazione polmonare, defribillazione, ed utilizzano pratiche e medicine che prima non esistevano”. E senza i quali qualcuno allora sarebbe stato dichiarato morto. “Quindi – prosegue - dobbiamo domandarci se cinquanta anni fa sarebbe stato corretto affermare che quella persona fosse morta. Ritornando ai nostri giorni accade lo stesso. Non significa che il corpo è morto, né che la persona se ne è andata via. Significa semplicemente che l'organismo ha smesso di funzionare al punto che la medicina e la tecnologia d'oggi non può fare molto altro”. Ed è con argomentazioni del genere che dal vocabolario dei crionisti viene bandita la parola morte.
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A sfidare la signora con la falce ci sono anche alcuni italiani. Uno di loro è già nei tewar da più di due anni. Aldo Fusciardi, un imprenditore di Cassino morto a 75 anni nel 2012, è stato il primo italiano ad essere ibernato dopo il suo decesso per infarto. Un suo amico, Giovanni Ranzo, ha optato assieme alla sua compagna per la stessa scelta ed ha sottoscritto un contratto con il Cryonics Institute. “L’idea dell’ibernazione mi dà serenità e per me è una scommessa. Vedo questa pratica l’unica alternativa all’estinzione. Di sicuro è una partita aperta”, spiega Ranzo, romano di cinquantacinque anni ed insegnante di letteratura, che ha sottoscritto il documento nel 2006, assieme ad Aldo. La modalità di pagamento di Ranzo è rateale: gli è bastato stipulare un’assicurazione sulla vita per cinquantamila euro (che nel suo caso riguardano la spesa di ventottomila euro per la pratica di criopreservazione, aggiunta al resto della somma per il trasporto della salma nel Michigan, all’interno della struttura) il cui beneficiario sarà il Cryonics Institute. Ha anche firmato un documento dove specifica di mettere a disposizione dell’Istituto il suo corpo dopo l’ ‘avvenuta morte legale’.
Come tutti i pazienti delle società che si occupano di crionica, Ranzo porta sempre con sé una targhetta al collo che chiarisce le sue intenzioni in caso di decesso. Ma in Italia i crionici incontrano diverse difficoltà e puntano il dito contro la burocrazia, che rallenta i tempi. “La salma di Aldo ha raggiunto il Cryonics Institute dopo quattro giorni – spiega Ranzo – un tempo troppo lungo che rischia di aver compromesso lo stato conservativo del suo corpo”. Insomma, ‘cavie’ nostrane della crionica sulle orme di James Bedford, il primo uomo ibernato negli Usa cinquant’anni fa e considerato il fondatore della teoria dell’ibernazione. Nel frattempo, fuori dal tewar, c’è stata la Guerra Fredda, il Vietnam, le Guerre del Golfo, il Watergate, il crollo dell'Unione Sovietica e gli attacchi dell'undici settembre. Mentre il suo corpo è dentro dal 1967.
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La vita perpetua a portata di tutti, ma senza aver fatto i conti con le leggi dei diversi Stati, con i budget delle società e con le distanze. “La crionica viene ancora gestita in termini meramente economici e di ricavo, molto più che in effettiva ricerca, così come dovrebbe essere. E spesso, tra i clienti, chi si avvicina a questo tipo di pratica lo fa in maniera superficiale, convinto di vivere una seconda vita. Esiste un principio fisico, ma non ci sono evidenze scientifiche”, spiega Bruno Lenzi, giovane ingegnere biomedicale che si occupa di estensione della vita ed è un appassionato dell’argomento. E sottolinea che sottoscriverebbe un contratto crionico solo se vivesse in America. Lenzi critica anche “l’assenza di uno specifico testamento biologico” e spera nella “modifica della legislazione italiana, che ad oggi prevede un'attesa di ventiquattro ore per dichiarare la morte legale (quindici ore in caso di medico necroscopo)”. E alla mancanza di dati empirici a livello scientifico, si aggiunge un’altra serie di dubbi. Man mano che ci si allontana dalle strutture, le modalità dei tempi di criopreservazione, presentate con tanta precisione dalle varie società, diventano più approssimative: variano le leggi nei vari Paesi per il nulla osta alle salme ed i tempi per l’arrivo nei centri. Nonostante tutto vengono sottoscritti contratti anche in continenti distanti, che non vengono rifiutati dalle società, le quali online pubblicano i report di ogni ‘paziente’ ibernato.
In Europa uno dei più grandi nomi che garantisce il trasporto della salma, dietro pagamento di migliaia di euro, è la Alvin & Son, una società di pompe funebri inglese che preleva il corpo dal luogo della morte fino a trasportarlo all’istituto di destinazione. Ma i tempi, in generale, non sono certi e mai gli stessi. Alcuni, come la Alcor, propongono addirittura delle ibernazioni low cost, per congelare solo le teste. Per questo qualche anno fa partì un progetto – poi messo da parte - di residence pre-morte per i clienti, vicini alle strutture, affinché poter essere ibernati il prima possibile dopo il decesso ed evitare il più possibile i danni ai tessuti. Inoltre non ci sono garanzie sulla solidità finanziaria delle stesse società, dunque neppure eventuali rimborsi ai familiari. Alcune società, vere e proprie fondazioni, ricevono finanziamenti volontari oltre alle entrate che arrivano dalla sottoscrizione dei contratti. Nel caso di un fallimento economico, i corpi potrebbero finire dall’azoto liquido al terreno. Ci sono già dei precedenti di crac. Lo stesso corpo di James Bedford fu affidato ad un’altra società che prese in carico la sua salma dopo aver rilevato la fondazione che si occupava della sua criopreservazione. Ma c’è chi guarda al futuro con lo spirito di romanzieri come Philip Dick o Asimov e le teorie filo-transumaniste dello stesso Larry Page, il cofondatore di Google. Per questo, malgrado tutto, restano in fila per diventare immortali. In attesa che il primo uomo dimostri che quelle cisterne non sono bare. Ma per ora, Lazzaro non dà l’impressione di riuscire a riemergere dall’azoto liquido.
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