1. La notte dell’11 settembre è la notte giusta e Ponte Sant’Angelo è il luogo per incontrare lo spirito di BEATRICE CENCI, il più famoso fantasma di Roma. Si dice che sia possibile vedere il suo corpo decapitato che cammina malinconico, con abiti turchesi, un mantello argentato sulle spalle e la testa mozzata tra le mani. La ragazza bellissima e soave ebbe un destino crudele a causa del padre, Francesco Cenci che, tra le mura domestiche, dall’età di 15 le fece subire ogni sorta di violenza. Uomo feroce e squallido truffatore oberato dai debiti, rinchiuse Beatrice e Lucrezia Petroni, la matrigna sposata in seconde nozze, nel castello del Cicolano, la Rocca di proprietà della famiglia Colonna. Furono anni di maltrattamenti continui durante i quali, la giovane cercò disperatamente l’aiuto dei fratelli che non sapevano nulla della sua sorte. La disperazione della ragazza per i ripetuti abusi da parte del padre culminarono a 22 anni quando la giovane ormai devastata, d’accordo con il resto della famiglia, decise di organizzare il parricidio dell’orco. Dopo due tentativi falliti, il 9 settembre del 1598 il corpo dilaniato di Francesco venne trovato nell’orto de La Rocca. Inizialmente, non venne aperto alcun processo, ma le indagini che seguirono accusarono inequivocabilmente Beatrice e i fratelli che, brutalmente torturati, alla fine confessarono. Dopo un processo lungo e dibattuto, che divise il popolo a conoscenza delle nefandezze subite dalla giovane donna, Beatrice fu condannata alla decapitazione alla quale assistette, si racconta, anche Caravaggio che ne rimase particolarmente scosso. Alcuni scritti riportano che, nella piazza di Castel sant’Angelo, prima di morire la ragazza baciò la croce e invocò Maria e con grande dignità tolse il velo dal collo per accomodarsi da sola sul ceppo dove l’aspettavano due boia Alessandro Bracca che, maledetto per aver eseguito la sentenza, fu trovato morto in circostanze non chiare 13 giorni dopo e Mastro Peppe, ucciso a pugnalate sul Ponte di Castel Sant’Angelo. Se non volete aspettare l’11 settembre, per ammirare la bellezza di Beatrice, un ritratto di Guido Reni è esposto nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini.
2. GIOVANNI BATTISTA BUGATTI, in arte MASTRO TITTA, celebre esecutore di sentenze capitali dello Stato Pontificio, ebbe una lunga carriera che contò circa 514 giustiziati. Nei suoi taccuini, trascriveva la difficoltà di collocare sul ceppo il collo delle donne a causa delle misure a volte esili delle stesse e della manovre per accomodarle in modo adeguato a staccare la testa dal resto del corpo seccamente con una spada. La letteratura e la cinematografia è ricca di citazioni su di lui, anche eccellenti come George Gordon Byron e Charles Dickens al quale, in particolare, rimase impresso il colore scarlatto del suo mantello che ancora oggi, si dice, si vede sventolare intorno a Castel Sant’Angelo dove “er Boja de Roma” eseguiva le sue prodezze.
3) Spingendosi verso via di Santa Maria dell’Anima, si narra che nelle notti di luna piena sia possibile vedere al primo piano della finestra di Palazzo Tuccimei, le mani di COSTANZA DE CUPIS , una donna del ‘600 particolarmente nota per la bellezza delle sue mani. Erano di una delicatezza straordinaria e, per questo, le fu chiesto dall’artista Bastiano che aveva lo studio in via dei Serpenti, infatti era noto come “Bastiano alli serpenti”, di poterne riprodurre la forma in un calco di gesso. Si racconta che tutta Roma era a conoscenza del calco e le giornate di Bastiano, dopo aver eseguito l’opera collocata su un cuscino di velluto rosso, erano occupate da vere e proprie processioni di persone che si recavano nel suo studio per ammirarle. Un giorno un frate dominicano che vide l’impronta commentò che non potevano esistere mani così belle e che la “proprietaria” avrebbe corso il rischio di vederle tagliate anche solo per invidia. Costanza per paura che le potesse succedere qualcosa, si rinchiuse letteralmente in casa, dove a causa di un banale incidente mentre cuciva con l’ago, si ferì un dito. I medici dell’epoca furono costretti ad amputare le mani che si erano violentemente e inspiegabilmente infettate e poco dopo la donna morì di setticemia.
4. DONNA OLIMPIA MAIDALCHINIi, nota come DONNA OLIMPIA, fu definita la donna più potente e più temuta di Roma. Odiata dal popolo, era nota ai più come la Pimpaccia o la Papessa. Autorevole e aspra, dispotica e opportunista, Donna Olimpia era assetata di potere e di sfrenata avidità indole che palesò fin dalla giovane età. Obbligata a prendere i voti monacali dal padre, Olimpia riuscì a sfuggire al suo destino accusando di tentata seduzione il direttore spirituale del monastero che doveva accoglierla. Questo le permise di rifiutare i voti e, anzi, convolò a nozze con Paolo Nini, un facoltoso borghese, che poco dopo la lasciò vedova. Donna Olimpia non si disarmò sposando in seconde nozze un uomo più vecchio di lei di 27 anni che la imparentò con Giovanni Battista, ovvero il futuro Papa Innocenzo X la cui carriera, lo sapevano tutti, passò proprio per le mani della papessa Olimpia. Ossessionata dal denaro, dal potere e dagli eccessi accumulò enormi ricchezze durante la sua vita. Per vederla dovete aspettare il 7 gennaio, il giorno dell’anniversario della morte del cognato, Papa Innocenzo X, dove su una carrozza in fiamme, trainata da cavalli infernali dagli occhi rossi la Pimpaccia scarrozza da Piazza Navona a Ponte Sisto sbeffeggiando tutti, per poi sprofondare con i suoi tesori nel Tevere. Il soprannome la Pimpaccia deriva da una frase scritta su di lei sulla statua parlante di Piazza Pasquino: Olim pia, nunc impia, “una volta religiosa, adesso empia”. Negli ultimi anni, La Pimpaccia ama farsi vedere spesso, l’importante che si supportata da una bella coreografia drammatica. Aspetta infatti le notti autunnali e invernali con pessimo tempo per comparire sul suo carro demoniaco.
5. Una storia antica vede come protagonista un uomo bellissimo, colto e nobile, il marchese LUCA DE MARCHETTIS che a dispetto di come si mostrava nel suo ambiente, brillante ed estroverso, spesso amava trascorre le serate in una solitudine che impegnava, dopo essersi accuratamente travestito, tra i vicoli popolari della città. Queste notti all’insegna del trucco e del gioco, durante le quali il marchese seduceva giovani popolane, presto si trasformarono in incubi crudeli per le giovani malcapitate. Si racconta infatti, che il marchese per paura che le ragazze potessero raccontare dei suoi giochi erotici, le iniziò ad uccidere brutalmente. La smania di sangue, si trasformò in breve in un passatempo irrinunciabile per il marchese. Un giorno in preda ai sensi di colpa e, convinto di essere posseduto dal demonio, si sottopose ad un esorcismo che si concluse con il suicidio. La leggenda vuole che prima di gettarsi dalla finestra, il marchese urlò al prete che cercava di liberarlo dal suo demone “tornerò!”. Da allora il marchese, vestito in maniera impeccabile, passeggia tra i vicoli di Colle Oppio, per poi tornare nella sua abitazione aprire la finestra per gettarsi nel vuoto ancora una volta.