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"Madonnina mia... trovami un lavoro"

"Madonnina mia... trovami un lavoro"

A Lourdes i nuovi pellegrini sono precari


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

di Manuela Tulli e Francesco Gerace


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Più depressi e meno disabili, più carrozzelle motorizzate e meno accompagnatori, più voli charter e meno treni 'bianchi', più pellegrini dall'Asia e meno dall'Europa. I miracoli più richiesti ai piedi della grotta? Un lavoro o la ricomposizione del matrimonio in frantumi. Si prega anche per liberarsi dal gioco d'azzardo o dal bullismo. Lourdes ha celebrato nel 2018 i suoi 160 anni: 70 i miracoli riconosciuti, alcuni milioni i pellegrini l'anno. Ma qualcosa è cambiato in questo secolo e mezzo. Viaggio nel santuario mariano che si difende dalle difficoltà economiche, dalle minacce del terrorismo ma soprattutto dalla crisi di fede.

Madonnina mia... dacci un lavoro

Madonnina mia... dacci un lavoro

La metamorfosi

Alla grotta della Madonna il silenzio della preghiera è interrotto solo dai ‘bip’ delle carrozzelle per disabili automatizzate che fanno manovra per spostarsi. E’ questa la ‘fotografia’ del nuovo pellegrino di Lourdes: indipendente, tecnologico ma un po’ più solo. I disabili si muovono nel santuario con le loro vetture, i pellegrini scelgono il volo low-cost in solitaria piuttosto che l’affollata comitiva della parrocchia. Ma non è l’unico cambiamento: i pellegrini europei, e anche italiani, fa anni hanno dirottato i loro viaggi di fede altrove. Verso Medjugorje che è più economica. O verso Fatima che è più sicura. E allora oggi il santuario dei Pirenei parla asiatico con un afflusso senza precedenti di cristiani dall’India, dal Pakistan o dal Bangladesh. Anche i negozi della cittadina francese hanno insegne che vengono da lontano e che pian piano soppiantano gli antichi negozi dedicati a Padre Pio. Lo storico Hotel Amabassadeurs, uno dei più vicini alla Esplanade dove si svolgono le tradizionali processioni con le fiaccole, ha chiuso i battenti per passare ad un imprenditore asiatico. Dentro fervono i lavori per ristrutturare l’albergo a misura dei nuovi pellegrini. Ma i lavori di ristrutturazione sono in corso anche dentro le mura del santuario, alla Accueil, l’antica casa dei pellegrini che da oltre un secolo ospita chi si reca a pregare la Madonna.

“Una volta c’erano gli stanzoni a dodici letti, poi abbiamo dimezzato le stanze che sono diventate a sei posti. Ma questo, oggi, non basta più e stiamo rifacendo ancora le stanze, che diventeranno a due o tre letti per dare alle persone e alle famiglie più privacy”, riferisce il Rettore del Santuario, padre Andres Cabes, spiegando che la crisi immobiliare e alberghiera oggi è legata anche all’eccessivo boom del passato. Tutti guardavano a Lourdes un po’ come la gallina dalle uova d’oro e sono sorti alberghi e negozi in una concentrazione che non ha pari in Francia. Non avevano fatto i conti con il terrorismo, la crisi economica e anche la crisi della fede. E ora gli alberghi a fine ottobre chiudono, quasi tutti, i battenti, per riaprire a Pasqua. Anche il santuario, con il calo dei pellegrini, ne ha risentito. Ad aggravare la situazione anche un paio di alluvioni, la più grave nel 2013, che hanno dissestato gli edifici più importanti e che hanno richiesto risorse per il loro ripristino.

Gli introiti si aggirano intorno ai 20 milioni di euro l’anno ma ci sono 110 costruzioni da mantenere e 300 dipendenti ai quali dare lo stipendio ogni mese. Per questo nel 2017 è arrivato un ex manager della Renault, Guillaume de Vulpian. Il deficit da ripianare era di 2,8 milioni di euro. “La situazione finanziaria è in miglioramento”, si limita a rispondere il Rettore alla domanda se il ‘buco’ delle entrate sia stato ripianato. La strada scelta è stata quella di rinnovare il sito, dotarlo di wi-fi, proporre più cose commerciali, dai gadget in vendita in quella che una volta era solo una libreria ai ceri per le devozioni. Ma qualcuno storce il naso di fonte a questa strategia di marketing, molto 2.0 ma che poco ha a che fare con la fede, in una Lourdes diventata troppo tecnologica e un po’ più elitaria, dove anche le fontane per l’acqua (uno dei gesti più popolari dei pellegrini era riportare dal santuario l’acqua miracolosa) sono state nascoste. C’è anche il nodo delle richieste di offerte alle grandi organizzazioni, un ‘tot’ a pellegrino, perché basarsi sulla generosità spontanea non basta più.

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L'Unitalsi: ''Aiutiamo gli invisibili a ritrovare la speranza''

L'Unitalsi: ''Aiutiamo gli invisibili a ritrovare la speranza''

Le nuove patologie

Gli assistenti dei malati che si recano al santuario mariano di Lourdes, in Francia, si chiamano da sempre 'barellieri' ma a chiedere la grazia della guarigione, o semplicemente a fare una esperienza di fede sui Pirenei francesi, c'è sempre meno gente 'barellata', ovvero incapace di muoversi senza aiuto di altri.

Si affacciano infatti nuove patologie, prima su tutti la depressione. Quasi tutti i malati hanno più di una malattia e uno su due è cardiopatico. Sono alcuni dei dati di una ricerca dell'Unitalsi che ha analizzato i dati pervenuti dai pellegrinaggi, nell'ultimo anno i malati che si sono recati nel santuario francese erano per il 54% affetti da malattie cardiovascolari, il 33% da malattie neurologiche, un altro 33% da malattie del tessuto connettivo e il 27% è affetto da malattie psichiatriche. "Il dato riguardante i disagi psichici è quello più nuovo, che deve fare riflettere, che richiama ancora di più il valore dell'accoglienza", spiega Federico Baiocco, responsabile nazionale dei medici che fanno volontariato nell'Unitalsi. La depressione colpisce anche le fasce giovanili: se nel complesso dei malati trasportati a Lourdes dalla organizzazione italiana solo l'8% ha meno di 34 anni, nel caso delle sole malattie legate alla psiche la percentuale degli under-34 sale al 12%. Quello del disagio psichico dei giovani è un tema che è all'attenzione non solo dei sanitari ma da qualche anno anche del volontariato cattolico.

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Tra passato e futuro

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La grotta dei miracoli

Alessandro De Franciscis, medico con un passato da politico, è da dieci anni alla guida del Bureau des Constatations Medicales di Lourdes. E' l'ufficio, unico al mondo per un santuario cristiano, che riceve, accoglie, ascolta chi ha una storia di guarigione da raccontare, legata al suo pellegrinaggio al santuario mariano sui Pirenei francesi. Da lì parte l'iter che verifica in anni, "ma a Lourdes non abbiamo fretta", dice, e con accurate verifiche scientifiche, se una guarigione possa essere chiamata "miracolo". "Noi ci limitiamo a constatare se siamo di fronte ad una guarigione improvvisa, inattesa, completa, durevole e inspiegata secondo le nostre conoscenze mediche. Ma la scelta di dire se sia un miracolo o no spetta ad un vescovo, è una scelta pastorale", spiega il dottor De Franciscis. Ora "i dossier che procedono sono una dozzina", un paio di casi francesi, uno italiano, e tra le varie nazionalità anche gli Stati Uniti. Casi di guarigione che sono dunque sotto la lente del 'giudice'. "Ma io credo che qui vengano a raccontare le loro storie solo il dieci per cento delle persone che ritengono di avere ricevuto il dono della guarigione. Per non parlare delle patologie più diffuse, i tumori, che hanno dei precisi protocolli medici e in questi casi è veramente difficile arrivare a parlare di guarigioni inspiegate" e quindi di miracoli.

Napoletano, un passato di politico, prima in Parlamento poi come Presidente della Provincia di Caserta, De Franciscis è il quindicesimo 'medico permanente' del Bureau Medical di Lourdes, il primo italiano. "Il primo non francese", precisa con un sorriso. Nella cittadina francese lo chiamano il 'dottore della Grotta'. Tutto cominciò con il suo primo pellegrinaggio, nel 1973, come barelliere dell'Unitalsi. Una esperienza che a lui, allora studente del liceo, cambiò la vita. La scelta di fare il medico, il pediatra, e allo stesso tempo il volontario nei viaggi della speranza. Ora la sua porta è sempre aperta: l'ufficio è nel bel mezzo di un corridoio. Chi passa per un saluto, chi per scambiare due chiacchiere; il telefono squilla in continuazione. Ma soprattutto ci sono quel centinaio di persone che ogni anno vengono dal medico italiano per raccontare la loro storia di fede e di guarigione. "Io ricevo e ascolto tutti, dando loro tutto il tempo di cui hanno bisogno". Ha tolto anche l'orologio dal polso per mettere a loro agio le persone che entrano qui per una esperienza che è fuori da ogni dimensione di tempo e spazio. "Certo, arriva di tutto. I millantatori? Sono un buon numero". Ma da qui sono passati anche 70 miracoli riconosciuti solennemente dalla Chiesa, l'ultimo dal vescovo di Bayonne lo scorso 11 febbraio e riguarda la guarigione di suor Bernadette Moriau. “Ma per favore – conclude – non chiamatemi ‘giudice’ dei miracoli, sono solo un testimone, grato di esserlo”.

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Un 'ufficio' per le guarigioni

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L’ultima miracolata

I flash dei fotografi non fanno per lei. Sorride ma si vede che non vede l'ora di andarsene. Anzi, con simpatia e franchezza, lo ammette: "Meno male che vado via presto, i fotografi, la televisione, i giornalisti..." e fa il gesto con le mani intorno alla testa come se questo fosse solo una grande confusione. Suor Bernardette Moriau è la settantesima persona in 160 anni, l'ultima in ordine di arrivo, per la quale è stato dichiarato ufficialmente dalla Chiesa che è stata guarita a Lourdes grazie ad un "miracolo". E' schiva, eviterebbe volentieri riflettori, "ma so che è importante raccontare la mia esperienza".

Sessantanove anni compiuti il 23 settembre, decide di farsi suora a 19 nella congregazione delle Francescane Oblate, un ordine di infermiere ma a 27 anni i primi dolori per una sindrome di 'cauda equina' che si rivelerà invalidante. A luglio 2008 partecipa al pellegrinaggio a Lourdes della sua diocesi ma poi fa ritorno a casa "nelle stesse condizioni, anzi, forse con un po' più di stanchezza a causa del viaggio", dice. E' l'11 dello stesso mese di luglio quando nella cappella del suo convento prega: "In quel momento ho rivissuto quanto avevo sentito qualche giorno prima nella basilica di San Pio X a Lourdes, nella benedizione dei malati". Una sensazione di pace, libertà, e un invito che veniva da dentro a liberarsi dei corsetti e degli altri ausili. "Tutti i disturbi erano spariti" ma "io non avevo mai pregato per la mia guarigione", aggiunge spiegando che è stato "un dono".

Alcune Testimonianze dei miracolati di Lourdes sono state raccolte in un libro di recente pubblicazione: “I misteri di Lourdes” di Filippo Anastasi (Effatà Editrice). Un viaggio dentro il mistero del miracolo che neanche chi lo vive ha ben chiaro.

“Tante volte mi sono chiesta, e più che altro gli altri mi hanno chiesto, perché il Signore ha scelto te rispetto a tanti altri ammalati? E’ la domanda delle domande alla quale non so rispondere”, racconta al giornalista Elisa Aloi che, nell’annuario del Bureau, è la miracolata n. 61. Di Patti (Messina), nata nel 1931, è guarita da un ‘tumore bianco’, una tubercolosi osteo-articolare. “La cosa che conta – dice, tra le testimonianze raccolte nello stesso libro, un’altra ‘miracolata’.

Delizia Cirolli, guarita da un sarcoma di Ewing – è cercare di vivere nella normalità – essere sé stessi”. Parla di pettegolezzi e di sacerdoti che la guardavano con scetticismo Danila Castelli, guarita, senza che nessun medico possa spiegare come, da un tumore endocrino devastante.

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LA FOTO Il Rettore del Santuario Andrè Cabes

Padre André Cabes, Rettore del Santuario LA FOTO Il Rettore del Santuario Andrè Cabes

L'odissea dei treni e i charter della fede

La storia di Lourdes è legata a quella dei ‘treni bianchi’, i convogli che sono degli ospedali viaggianti. Malati, medici e volontari da oltre un secolo condividono ore di viaggio, dall’Italia al Sud della Francia. Ma da qualche anno si scelgono altri mezzi: dai voli charter ai bus. Gli storici treni vivono una involuzione con la tabella di marcia che si allunga di anno in anno, invece che accorciarsi. Di recente preoccupazione per le sempre più difficoltose condizioni dei collegamenti ferroviari con Lourdes sono state espresse dal Cnpi (Coordinamento Nazionale Pellegrinaggi Italiani) che raggruppa le associazioni che organizzano viaggi religiosi per i malati e i loro parenti. "Tempi di viaggio paurosi, anche 10 ore più del previsto, fermate per ore e ore in stazioni secondarie francesi o in piena campagna transalpina sotto il sole cocente, aumenti costanti delle tariffe – denunciano gli organizzatori dei pellegrinaggi - mettono da anni a dura prova le organizzazioni dei viaggi, senza contare gli scioperi continui dei ferrovieri francesi con treni bloccati alla frontiera e rispediti indietro senza alcun rispetto delle persone che viaggiavano nel 2018. Tutto questo – fanno presente con rabbia – sulla pelle dei più deboli, i malati, persone sofferenti, spesso allettate, che escono una volta all'anno dai loro istituti e case e che sono costrette a vivere un autentico calvario". "Per capirsi negli Anni '80, ad esempio, da Milano si arrivava a Lourdes in 15 o 16 ore - racconta un volontario - oggi ce ne vogliono 24, come negli Anni '50". Come se non bastasse è ventilata anche l’ipotesi di un taglio dei convogli dei malati. Trenitalia però ha smentito assicurando “la propria volontà di proseguire nell'offerta di un servizio che, unica compagnia ferroviaria in Europa, gestisce con impegno da anni giovandosi di una flotta specificamente dedicata".

Intanto, quest’anno, a causa anche di ondate di maltempo eccezionale, un ‘treno bianco’ partito da Roma, lo scorso ottobre, invece di arrivare a Lourdes è approdato nella stazione della ‘ville lumiere’. Proprio a Parigi, 830 chilometri a nord della cittadina mariana. Non era mai accaduto nella storia dei treni bianchi. "Fortunatamente è andato tutto benissimo. I pellegrini e i malati hanno capito la situazione ed è stata gestita molto tranquillamente", racconta uno dei volontari dell'Unitalsi che era bordo su quel treno, Maurizio Tassi. Il viaggio è durato 38 ore, oltre dieci in più di quelle che normalmente occorrono ad un 'treno bianco' per raggiungere Lourdes da Roma. "E pensare che invece in passato arrivavamo al santuario francese, partendo da Roma, con sole 18 ore", commenta.

I treni sempre più lenti e la crisi dell'Alitalia, che aveva deciso di sospendere qualche anno fa i suoi collegamenti diretti con Lourdes, ha creato nuovi spazi. I viaggiatori della fede hanno cominciato a frequentare low-cost e charter. Ci sono anche compagnie, come la spagnola Albastar, che ha deciso di specializzarsi non solo offrendo i voli diretti ma anche formando il suo personale a bordo presso ospedali specializzati per la cura e l'assistenza di persone con mobilità ridotta.

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La fede dei vip

Flavio Insinna
Flavio Insinna - RIPRODUZIONE RISERVATA

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Un futuro a sorpresa: i giovani

Nel corso del Sinodo sui giovani di ottobre in Vaticano sono state consegnate a Papa Francesco oltre 1.500 cartoline di giovani francesi che avevano partecipato a un incontro pre-sinodale a Lourdes, il santuario mariano sui Pirenei. "Sono stati diversi i mini-sinodi che si sono svolti qui, nella città mariana di Francia. Da qui sono nate tante proposte da consegnare ai vescovi in vista dell'incontro con i vescovi a Roma", riferisce padre André Cabes, rettore del santuario di Lourdes. "Aumentano i giovani pellegrini, di anno in anno sono sempre di più". Il santuario sui Pirenei da qualche anno sta infatti cambiando pelle: "I pellegrinaggi delle grandi organizzazioni sono in calo, aumenta invece la gente che viene da sola o in piccoli gruppi. Ma sorprendente è l'aumento dei giovani, cattolici ma anche non credenti, che vengono qui, ai piedi della Grotta in cerca di una risposta alle loro domande".

"Ma la vera sorpresa di Lourdes - continua padre Cabes - è che i giovani hanno bisogno di esercitare la loro generosità. Tutti, nessuno escluso, abbiamo le nostre debolezze, i nostri handicap. Avere premura per i malati ci incoraggia". E' per questo che nei mesi scorsi, proprio in vista del Sinodo dei giovani voluto da Papa Francesco, sono stati oltre 10mila i ragazzi, calcolando solo i pellegrinaggi francesi, che si sono ritrovati a Lourdes per confrontarsi sull'evento, ma allo stesso tempo per assistere i malati. "Questa estate sono arrivati in tanti, mi ha colpito in particolare un gruppo che arrivava dalla periferia di Parigi, così contenti - ricorda il Rettore - di mostrare anche i simboli della fede, il rosario, la croce, di fare confusione per far sentire la loro gioia di credere" in un Paese in cui invece la religione è spesso ritenuta un fatto privato. Parlando di giovani e Chiesa, padre Cabes non si sottrae alle domande sulla piaga della pedofilia. Riferisce che nel santuario non ci sono mai stati casi ma che comunque si presta sempre più attenzione. Padre Cabes però crede che si possa superare questa situazione: "Qui a Lourdes sotto il fango Bernadette trovò l'acqua pura e io ritengo che potrà essere cosi anche per la Chiesa".

Anche dall’Italia partono verso Lourdes tanti giovani: scout, volontari ma nel 2018 si sono mescolati ai pellegrini anche 250 ragazzi per l'alternanza scuola-lavoro. "Da quest'anno abbiamo dato il via a questa esperienza che si aggiunge a quella, già consolidata, del coinvolgimento dei giovani nel servizio civile presso la nostra organizzazione", spiega il presidente nazionale dell'Unitalsi, Antonio Diella. I 250 studenti hanno svolto un servizio presso le sezioni territoriali dell'associazione italiana che da oltre un secolo sostiene disabili, ammalati, anziani soli e famiglie in difficoltà. L'esperienza si è conclusa per tutti con un pellegrinaggio a Lourdes.

Anche i giovani del servizio civile trascorrono un periodo a Lourdes, nel loro caso un intero anno, proprio per assistere le persone non autosufficienti. Tutti, prima del servizio, affrontano un periodo di formazione, con i medici per il primo soccorso e con gli psicologi per affrontare meglio il compito di accoglienza. Tra loro c'è Fabiana Macaluso, 21 anni, laureata in Scienza dell'educazione. "Non avevo mai provato un'esperienza del genere, completamente diversa dalla vita che facciamo tutti i giorni. Certo, stare accanto ai disabili e ammalati richiede pazienza, coraggio. Io, dopo nove mesi qui a Lourdes, ho ancora paura di sbagliare. Si dà tanto ma si riceve anche tanto", è la sua testimonianza. Giorgio Dragoni invece ha 20 anni, è di Teramo, e ha scelto il servizio civile non appena terminato le superiori. "Facciamo soprattutto accoglienza. Le difficoltà ci sono ma io sono contento, affronto le giornate con serenità. Che è poi quello che noi giovani cerchiamo di trasmettere a chi viene qui ed è meno fortunato".

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