A dieci anni dal 6 aprile 2009 la ricostruzione materiale dell'Aquila, faticosamente, procede. A stentare è il ritorno alla vita vera. Tornano a splendere chiese e palazzi, i gioielli della città di Federico II. Le periferie sono completate da anni, la ricostruzione privata del centro storico è in fase avanzata, anche se ancora manca tanto. La vera ombra riguarda la ricostruzione pubblica, praticamente al palo, e in particolare quella delle scuole: nessuna ad oggi è stata ricostruita, una è in ricostruzione, la Mariele Ventre.
Restano come nel 2009 gli scheletri delle vecchie scuole, abbandonate e non demolite, dalla Mazzini alla Carducci all'Istituto d'arte Muzi. Da diversi anni sono disponibili 44 milioni ma le uniche scuole ricostruite e rientrate in centro storico sono due private. I bambini e i ragazzi delle tante pubbliche vanno ancora a lezione nei MUSP, i Moduli ad Uso Scolastico Provvisorio che nel settembre 2009 fecero fronte all'emergenza. "Sono pur sempre lamiere", sottolinea Silvia Frezza della Commissione Oltre il MUSP. Ci sono dunque bambini e ragazzi che non hanno mai conosciuto una scuola vera.
L'Aquila è passata dalla fase emergenziale ad una ordinaria senza considerare che qui la ricostruzione pubblica avrebbe bisogno di norme differenti, afferma il sindaco dell'Aquila Pierluigi Biondi, il quale ha da poco archiviato una crisi nella giunta. Senza considerare "le farraginosità del nuovo Codice degli appalti. Quello che ho a più riprese chiesto al governo – è l'appello del primo cittadino - è la possibilità di ricorrere a procedure più snelle e veloci, ovviamente sempre nell'ambito di un quadro normativo rispettoso della legalità”.
Un discorso a parte va fatto per le 60 frazioni del capoluogo: ad esempio Onna, Paganica e Tempera mostrano evidenti i segni dei ritardi. In alcuni luoghi il tempo sembra essersi fermato alle 3:32 di quel 6 aprile di 10 anni fa. Il dato complessivo dei contributi concessi per tutte le frazioni è pari a 1.627 istruttorie per un totale di 6.765 unità immobiliari. Per le frazioni Il Comune assicura di essere prossimo a varare misure “in grado di dare nuovo impulso all’approvazione delle pratiche e ad avviare i cantieri in tempi rapidi”. Discorso simile per alcuni dei 56 Comuni del cosiddetto cratere sismico, di cui non si parla quasi mai, dove la ricostruzione muove appena i primi passi.
In che stato si trovano le 19 New Town, che dal 2009 furono costruite per ospitare 16 mila aquilani? Molte già dagli anni scorsi hanno perso pezzi, come a Cese di Preturo dove sono caduti i balconi e sono stati messi i sigilli. In quelle ancora in buono stato e nei Map, le casette monofamiliari di legno, vivono ancora tremila sfollati. Di sicuro questa redistribuzione della popolazione ha contribuito a dilatare la città lungo un asse viario di oltre 30 chilometri, con incremento esponenziale dell'uso dell'automobile.
C'è poi la ricostruzione immateriale. Il sisma è un trauma che incide per decenni sulle comunità e la vita all'Aquila è segnata per sempre da un prima e da un dopo terremoto, una sorta di terreno avanti e dopo Cristo. E quel dopo è ancora molto lontano dalla vita di prima. Il cuore della città è il più grande cantiere d'Europa e come tale è un enorme dedalo di vie, circa 177 ettari, percorse da mezzi di operai e betoniere, dove è assordante l'eco dei martelli pneumatici ma non si sentono gli schiamazzi di bambini. Il centro storico è ancora praticamente disabitato: vive di giorno con gli operai e la sera del fine settimana con la movida. Hanno aperto circa 80 attività commerciali, un dato ben lontano, ricorda Confcommercio L'Aquila, dalle oltre mille botteghe di prima del terremoto.
Questi pionieri che hanno scommesso sulla ripartenza del centro storico sono oggi a rischio chiusura, scontano l'assenza di residenti. Quello che chiedono a gran voce è la realizzazione di parcheggi, il rientro di uffici pubblici, banche e poste per far tornare un flusso. Il Comune sta lavorando sul rientro di alcuni enti e su tre grandi posteggi ma i tempi non saranno brevi. Il sindaco respinge al mittente le critiche di chi parla di “città ferma". Quello dell'Aquila, ricorda, è "il più importante esempio di rigenerazione urbana dal dopoguerra ad oggi".