I raid aerei della Coalizione internazionale hanno impedito finora la caduta di Kobane, ma al Pentagono sono sicuri: non basteranno a salvare la città dall'assalto dei jihadisti che, dopo un'iniziale arretramento, sono invece avanzati nella zona nord della città, ricevendo anche rinforzi. Ma i miliziani curdi restano da soli a combattere sul terreno contro l'Isis e gli Usa non nascondono la propria irritazione verso la Turchia che rimane a guardare senza intervenire nel dramma che si consuma a ridosso del suo confine.
"Stiamo facendo tutto ciò possiamo" per fermare l'Isis, ha dovuto ammettere il portavoce del Pentagono John Kirby, ma i raid aerei degli Usa e degli alleati da soli non riusciranno "a salvare" Kobane. Violente manifestazioni di attivisti curdi contro il governo di Ankara hanno provocato almeno 18 morti a partire da ieri in Turchia, ma proteste continuano a svolgersi anche in altri Paesi. A Venezia un centinaio di giovani dei centri sociali hanno preso di mira il consolato turco chiudendo porte ed accessi con tavole e chiodi dopo avere danneggiato suppellettili e lasciato scritte all'interno degli uffici.
In Germania radicali islamici e curdi e yazidi si sono affrontati per le strade per due giorni in varie città con un bilancio di oltre 20 feriti. Anche la cancelliera Angela Merkel è intervenuta per esprimere la sua preoccupazione per la radicalizzazione dello scontro. L'amministrazione del presidente americano Barack Obama, che si e' riunito con i vertici militari, e' "costernata da quelle che definisce le scuse della Turchia per non agire con maggiore intensità dal punto di vista militare", ha scritto il New York Times, citando fonti ufficiali. Le fonti sottolineano che la Coalizione guidata dagli Usa, con i voli di ricognizione e con i raid sul Nord della Siria, ha di fatto già imposto la no-fly zone richiesta ieri dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan come una delle condizioni per intervenire contro l'Isis. Secondo Erdogan, la no-fly zone dovrebbe servire a creare una zona cuscinetto tra la Siria e la Turchia per proteggere i rifugiati, dopo che oltre 170.000 sfollati si sono già riversati in territorio turco da quando i jihadisti hanno lanciato la loro offensiva contro Kobane.
Il presidente francese Francois Hollande si e' detto favorevole in una conversazione telefonica con Erdogan. Il segretario di Stato John Kerry ha detto che una eventuale decisione potrebbe essere presa solo dopo "un esame molto attento" della situazione. Ma la Casa Bianca ha precisato che "al momento non è allo studio". Tra le maggiori preoccupazioni di Ankara, tuttavia, sembra quella di non trovarsi a combattere al fianco delle milizie curde dell'Ypg, alleate del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), che in Turchia si batte da 30 anni per l'indipendenza. La complicata situazione sarà al centro di colloqui che avrà da domani ad Ankara John Allen, l'inviato speciale di Obama per la Coalizione anti-Isis.
Nella capitale turca è atteso anche il nuovo segretario generale della Nato Jens Stoltenberg per una visita di due giorni.
Sul terreno, sono stati almeno sei i raid compiuti dagli Usa e dai loro alleati della Coalizione intorno a Kobane, che hanno costretto inizialmente i jihadisti a indietreggiare da alcune delle posizioni conquistate nei giorni scorsi, in particolare nella parte est della citta'. Secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), almeno 40 miliziani dell'Isis sono rimasti uccisi negli attacchi, che hanno colpito anche le postazioni dello Stato islamico sull'altipiano di Mashta Nur, che sovrasta la citta'.
Ma lo stesso Osservatorio e il New York Times, citando fonti curde, hanno registrato l'avanzamento dei jihadisti nella parte nord della città. L'Isis, segnalano, ha guadagnato terreno e ricevuto rinforzi. Almeno nove attacchi della Coalizione sono stati effettuati in Iraq, di cui cinque intorno a Falluja, 60 chilometri a ovest di Baghdad. Fonti locali irachene hanno detto che sette miliziani dell'Isis sono stati uccisi nei raid, tra cui un cittadino britannico identificato come Abu Mohammed al Britani. Un elicottero dell'esercito iracheno, invece, e' stato abbattuto dall'Isis nei pressi della raffineria di Baiji, 200 chilometri a nord di Baghdad. I due piloti che erano a bordo sono morti. E' il secondo episodio di questo genere nell'arco di soli dieci giorni.