Sono arrivati in centinaia da Vienna con una colonna di auto che è sfrecciata verso sud, al confine con l'Ungheria, per portare aiuto alle migliaia di profughi diretti al confine in cerca della terra promessa. Dopo la folla di ieri alla stazione di Monaco, oggi la solidarietà europea aveva il volto degli uomini e le donne che si sono messi in macchina macinando chilometri su chilometri per andare a soccorrere questi disperati. E mentre Budapest ha aperto di fatto le porte al transito dei migranti verso Austria e Germania deponendo le armi dell'intransigenza, Monaco e la Baviera si trovano a fare i conti con l'arrivo di altre migliaia e migliaia di profughi. I volontari austriaci si sono organizzati sui social network: il loro obiettivo non era quello di portare aiuti di prima necessità ma di raggiungere i migranti in marcia verso il confine, caricarli a bordo e portarli in territorio 'sicuro', quello austriaco. Tra loro ci sono anche Alex e Sebastian: fanno su e giù sull'autostrada teatro della "marcia dei migliaia", quella che ha costretto il governo di Viktor Orban a mettere a disposizione i bus per portarli in Austria. "Nel nostro Paese - spiegano i due ragazzi austriaci entrambi 24enni all'inviato dell'ANSA - la politica è distante dal tema immigrazione.
Anzi, a Vienna le forze di estrema destra e xenofobe sono sempre più determinanti. Ma la solidarietà della gente, la nostra, è più forte di qualsiasi altra cosa". "Il dibattito sul rischio che comporta trasportare in auto un profugo ci ha fatto solo perdere tempo. Siamo partiti temendo di non riuscire ad arrivare finché è necessario e utile. Poi abbiamo saputo che anche gli altri si erano messi in macchina". E il rischio c'è veramente: alla fine di questa giornata gloriosa per i volontari austriaci è arrivato lo stop della polizia ungherese: se trasportano profughi rischiano l'accusa di traffico di esseri umani. Ovvero, la galera. Con Alex e Sebastian si arriva nella cittadina ungherese di Gyor, a una quarantina di chilometri dal confine: qui decine di volontari di Vienna distribuiscono cibo e soprattutto vestiti. Il clima è già rigido e tira un forte vento freddo. Tutti insieme soccorrono i migranti arrivati nella cittadina, perché è una di quelle dove passano i treni per Hegyeshalom, l'ultimo metro prima di poter mettere piede in Austria. I due salutano, e ripartono in macchina: "Dobbiamo andare sull'autostrada e nelle campagne vicine". Nella piazza davanti alla stazione c'è anche Imran, un ragazzo afghano di circa vent'anni. "Siamo molto sorpresi ma anche molto felici per l'accoglienza che stiamo ricevendo". In tanti non si vogliono far fotografare, compresi i volontari austriaci, temendo una qualche ritorsione della giustizia ungherese.
Ma il vento è forse girato a loro favore. Prima che arrivassero in Ungheria, alla stazione di Budapest signore con i figli distribuivano panini, rigorosamente al formaggio ("Non preoccupatevi, non c'è carne di maiale..."). A bordo di un treno partito dalla stazione i migranti apprendono dai video che i loro compagni sono stati accolti a Monaco dagli applausi della gente e dall'inno alla Gioia dell'Ue, cantato a squarciagola dai tedeschi. "Davvero non ci fermerà la polizia?", chiedono ansiosi. In un vagone stracolmo ci sono pachistani fuggiti dalla regione di Lahore, teatro dei sanguinosi attentati perpetrati dai talebani e da al Qaida. Poco più in là un'intera famiglia che arriva da Daraa, dove è iniziata la rivolta contro il presidente siriano Bashar al Assad, e che oramai "è ridotta in macerie". E tre ragazzi che si incontrano casualmente: arrivano tutti dai villaggi nei dintorni di Dayr az Zor, saldamente nelle mani dei seguaci del 'Califfo' dell'Isis Abu Bakr al Baghdadi. Tutti non vedono l'ora di condividere la sorte degli oltre 8.500 profughi già arrivati in territorio tedesco. Da Monaco sono stati smistati in tutta la Germania. Ma altre migliaia in arrivo in Baviera hanno costretto il governo locale a chiedere aiuto agli altri Lander. Da gennaio in Ungheria sono arrivati oltre 165.000 profughi attraverso la rotta balcanica, certamente meno pericolosa di quella del Mediterraneo. "E continueranno ad arrivare, il muro ungherese non li fermerà", scommettono i volontari austriaci.