Nel Mediterraneo "continua una strage silenziosa" di migranti. "I morti sono più che raddoppiati nel 2015, rispetto al 2014: da 1600 a oltre 3200" e, allo stesso modo, "continuano le morti di bambini, dimenticate: oltre 700 dall'inizio dell'anno". La durissima denuncia arriva oggi dalla fondazione Migrantes, contemporaneamente alla notizia di una ennesima tragedia della disperazione: vicino all'isola greca di Farmakonissi è affondato un altro barcone carico di migranti, provocando la morte di almeno 11 persone. Tra cui 5 bambini. Appena ieri si era appreso che, sempre nel Mar Egeo, al largo di Cesme, nella provincia di Smirne, sette bambini, tra cui un neonato, sono morti in due naufragi diversi. Il barcone affondato al largo delle coste di Farmakonissi aveva a bordo circa 50 persone. Nel corso della traversata ha iniziato ad imbarcare acqua, ed è infine colato a picco. Secondo quanto ha riferito la Guardia Costiera greca, 26 naufraghi, tra cui quattro bambini, sono stati tratti in salvo, e hanno fornito indicazioni per determinare il numero delle vittime. Il bilancio però potrebbe essere ancora più grave, poiché altre 13 persone risultano disperse. Drammatiche notizie, che hanno indotto il direttore generale di Migrantes, monsignor Gian Carlo Perego, a parlare di "vergogna che pesa sulla coscienza europea" e a denunciare "l'Europa, che trova sempre risorse per bombardare", ma "non trova risorse per salvare vittime innocenti". "L'Europa sembra ora, a fronte della minaccia terroristica, giustificare i muri e la chiusura delle frontiere", ha affermato ancora il direttore di Migrantes, organismo pastorale della Cei, secondo il quale "l'accoglienza ai nostri porti, anziché in centri di accoglienza aperti sembra affidarsi ancora una volta a centri chiusi, gli 'hotspots', come dimostra il Centro di accoglienza di Lampedusa: più di 20.000 persone arrivate al porto e trasferite nel Centro, chiuso ad ogni ingresso e uscite". Critiche pesanti, che non colgono di sorpresa l'Ue, poiché nella bozza di conclusioni del vertice dell'Unione del 17 e 18 dicembre si afferma già che "nonostante il duro lavoro degli ultimi mesi, il livello di attuazione di alcune decisioni" per affrontare la crisi migratoria "è insufficiente". E in tal senso, si individuano 7 punti, da hotspot a registrazioni, su cui occorre insistere. In particolare si afferma che istituzioni Ue e Stati "devono correggere le lacune nel funzionamento degli hotspot, incluso stabilire le necessarie capacità ricettive per raggiungere gli obiettivi, e concordare rapidamente un preciso calendario affinché anche altri hotspot diventino operativi". Ma nel frattempo, sottolinea monsignor Perego, continua invece l'accoglienza dei richiedenti asilo e protezione internazionale che, dopo l'appello di Papa Francesco del 6 settembre scorso, è cresciuta nelle strutture ecclesiali, nelle parrocchie e nelle famiglie, "un'accoglienza diffusa, costruita insieme, senza conflittualità...che supera pregiudizi e contrapposizioni ideologiche".