Sincero slancio politico o cinica manovra elettorale? A pochi mesi dalla fine del suo mandato all'Eliseo, François Hollande, è andato per la prima volta a Calais, epicentro delle tensioni per la presenza del più grande campo profughi dell'Unione europea, oltre diecimila migranti accampati in condizioni disperate nella speranza di raggiungere la Gran Bretagna. Una situazione ritenuta indegna per la cosiddetta 'Patria dei diritti umani'. La settimana scorsa, le ruspe hanno avviato i lavori per la costruzione del 'Great Wall', il grande muro finanziato dai britannici per impedire ai migranti di passare in Inghilterra. E per la prima volta, dalla cosiddetta Lampedusa del Nord, Hollande ha sferrato un duro attacco contro il premier di Londra, Theresa May. "Voglio esprimere la mia determinazione a vedere le autorità britanniche fare la loro parte nello sforzo umanitario che la Francia compie qui e continuerà a compiere domani". "Non è perché la Gran Bretagna ha preso una decisione sovrana - ha puntualizzato con riferimento a Brexit e agli accordi del Touquet firmati nel 2003 che situano la frontiera britannica in Francia - che ora non ha più obblighi rispetto alla Francia". Toni duri e inconsueti, per un presidente regolarmente criticato per la scarsa propensione ad assumere posizioni nette.
A Calais il socialista non è andato personalmente nella 'Giungla' ma ha promesso, dal centro-città, che la tendopoli verrà smantellata "completamente" e "definitivamente". A meno di otto mesi dal voto, con gli attacchi della destra e Marine Le Pen data per certa al ballottaggio, ha garantito che agirà con "fermezza" e "umanità" e tornerà sul posto con il governo quando il campo non ci sarà più. Ma per molti arriva troppo tardi. Nella regione residenti e commercianti sono esasperati. Le Ong deluse deplorano che abbia evitato di andare nella tendopoli, proprio come Sarkozy la settimana scorsa. "È vergognoso", tuonano gli operatori umanitari evocando l'"assenza di responsabilità politica" e la "paura di confrontarsi con la realtà". Il tema dei migranti e dello sgombero della Jungle è al centro della campagna per l'Eliseo. In quasi cinque anni al potere Hollande non era mai stato da queste parti e oggi i più maligni si chiedono se quella di oggi non sia solo una manovra politica in vista del voto. Dall'Eliseo, ricordano che la missione a Calais era inizialmente prevista per l'estate, ma venne rinviata a causa degli attentati di Nizza, il 14 luglio, e Saint-Étienne-du-Rouvray. A inizio, settembre, Parigi ha presentato un piano per ripartire entro fine anno i migranti di Calais su tutto il territorio nazionale. Intervenendo sabato scorso in uno dei 164 centri di accoglienza e orientamento (Cao) previsti per accogliere gli esodati di Calais Hollande ha promesso che la Francia non sarà "un Paese di accampamenti". Ma l'annunciata ripartizione degli oltre diecimila non piace a molti sindaci e neanche alla destra. Se il 76% dei francesi è favorevole allo sgombero di Calais, il 57% rifiuta la loro ripartizione sul territorio, rivela un sondaggio Elabe per BFM-TV. Mentre il 57% è chiaramente opposto alla possibilità che la Francia accolga una parte dei migranti giunti dagli altri paesi Ue.