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Turchia, negata scarcerazione del presidente di Amnesty

Kilic detenuto da giugno, accuse 'terrorismo' per legami Gulen

   Resta in carcere il presidente di Amnesty International in Turchia, l'avvocato Taner Kilic. Lo ha deciso il tribunale di Smirne, davanti a cui è comparso oggi per la prima volta per rispondere di accuse di "terrorismo" per sospetti legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen. Kilic è detenuto da giugno.
   Davanti ai giudici, Kilic si è dichiarato innocente, negando di aver scaricato ByLock, l'app di messaggistica che sarebbe stata impiegata dai 'gulenisti' per scambiarsi informazioni criptate. Due perizie forensi presentate da Amnesty sostengono che l'app non è mai neppure stata installata sul cellulare dell'avvocato. La decisione su Kilic giunge a poche ore dal rilascio a Istanbul di altri 8 attivisti per i diritti umani, tra cui la direttrice nazionale di Amnesty, Idil Eser, che erano stati arrestati a luglio in un blitz durante un seminario sull'isola di Buyukada, al largo della metropoli sul Bosforo. Tra loro anche 2 stranieri, il tedesco Peter Steudtner e lo svedese Ali Gharavi. Tutti restano comunque imputati per "terrorismo". La prossima udienza del loro processo è fissata il 22 novembre a Istanbul. Quel giorno comparirà davanti ai giudici anche Taner Kilic, visto che il tribunale ha deciso di unire i due casi. "Nelle ultime 24 ore abbiamo visto all'opera le due mani del volubile sistema giudiziario della Turchia. Mentre una dà la libertà, l'altra, di fronte ad accuse non meno infondate, la toglie", ha commentato il segretario generale dell'ong, Salil Shetty.

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