Denis Mukwege, 63 anni, insignito oggi del premio Nobel per la pace 2018 insieme all'attivista yazida Nadia Murad, è un ginecologo e attivista congolese, fondatore e anima dell'Ospedale Panzi di Bukavu, sua città natale, capoluogo della provincia del Kivu Sud, nell'est della Repubblica Democratica del Congo, terra martoriata dalle due guerre del Congo e dal conflitto del Kivu. Grazie al suo lavoro nell'ospedale, dove ha curato migliaia di donne vittime di violenza sessuale, Mukwege è riconosciuto oggi in tutto il mondo come uno dei più grandi esperti nell'intervenire sugli organi interni danneggiati dalle violenze. Un impegno, questo, che già nell'ottobre del 2014 gli era valso il Premio Sakharov assegnato annualmente dal Parlamento europeo per la libertà di pensiero.
L'Ospedale Panzi è specializzato nel trattare le donne, spesso bambine, vittime di stupri di gruppo perpetrati da soldati e miliziani, anche bambini, costretti dai signori della guerra a rompere il legame familiare violentando la madre o le sorelle. Secondo un rapporto dell'American Journal of Public Health, durante i conflitti del Congo - nel Kivu e in Ituri, provincia a nord del Kivu - venivano violentate quattro donne ogni cinque minuti, un ritmo feroce che ha lasciato un'ulteriore scia di patologie, dall'Aids all'impossibilità di procreare, oltre alla gogna sociale delle vittime. Mukwege è il terzo di nove figli: ha studiato medicina in Burundi, si è formato nel locale ospedale e si è poi trasferito in Francia, dove si è specializzato in ginecologia presso l'Università di Angers. Nel settembre del 2012, in un discorso alle Nazioni Unite, denunciò l'impunità per gli stupri di massa compiuti nel suo Paese e criticò il governo congolese così come quelli di altri Paesi per non fare abbastanza contro quella piaga. Il 25 ottobre dello stesso anno, quattro uomini armati penetrarono in casa sua cercando di assassinarlo, ma Mukwege riuscì miracolosamente a fuggire. Se ne andò in esilio in Europa ma durante la sua assenza l'ospedale Panzi non riusciva ad andare avanti. Tornò a Bukavu nel gennaio del 2013: la sua gente si fece trovare schierata lungo tutte le 20 miglia dall'aeroporto alla città per dargli il bentornato a casa.