di Eloisa Gallinaro
C'e' anche un film, ora, ad alzare quasi al calor bianco il livello di tensione tra Corea del Nord e Stati Uniti. "The Interview", sceneggiato e diretto da Seth Rogen, in uscita in ottobre negli Usa, è un "atto di guerra" e di "imperdonabile terrorismo", denuncia Pyongyang dopo la diffusione su Youtube della trama, che racconta la storia di due giornalisti che ottengono un'intervista con Kim Jong-un e vengono incaricati dalla Cia di assassinarlo. L'indignazione e la rabbia sono state immediatamente affidate a una nota di fuoco del ministero degli Esteri nordcoreano, ma alle cancellerie occidentali deve essere chiaro che non si tratta solo di un'onda emotiva e che le conseguenze possono essere pesanti. A ribadirlo è l'ambasciatore nordcoreano a Roma, Kim Chun Guk, che, in un'intervista all'ANSA, sottolinea il rischio e la responsabilità che si assume Washington se non bloccherà la diffusione della pellicola prodotta dalla Columbia. "Il nemico è andato oltre i limiti di quanto è tollerabile nel tentativo di danneggiare la dignità del nostro leader supremo" e "insultare la leadership del nostro Paese", sottolinea il diplomatico che definisce l'atteggiamento Usa "strafottente e temerario". Se il film uscirà effettivamente nelle sale, avverte Kim, ci sarà "da parte nostra una contromisura forte e senza pietà" e "coloro che hanno diffamato o commesso atti ostili non potranno scampare alla punizione ovunque si trovino nel mondo". A scatenare la furia di Pyongyang, l' "inaccettabile" trama che racconta dell'assassinio del capo di uno stato sovrano, dietro il quale c'e' il "tentativo di rovesciare il sistema politico e sociale" nordcoreano. Ma anche l'immagine, che emerge nella pellicola, di un Paese popolato da gente imbottita di propaganda il cui leader "crede di poter parlare con i delfini". L'ambasciatore Kim racconta della "rabbia e dell'odio incontrollabile del popolo e dell'esercito" che sostengono con "orgoglio e convinzione" Kim Jong-un. E non trascura di puntualizzare, per chi se ne fosse dimenticato, che "in base all'armistizio del luglio 1953 la penisola coreana è ancora in stato di guerra", che i "rapporti con gli Usa sono rimasti ostili" e che se "si realizzasse la provocazione estrema" dell'uscita di "The Interview" "non si possono immaginare che conseguenze molto molto peggiori". Il capo della missione diplomatica nordcoreana è durissimo, e ci tiene a farlo sapere. Ricorda più volte la nota della portavoce del ministero degli Esteri diffusa due giorni fa dall'agenzia ufficiale Kcna nella quale si parla di "avventurismo" e di "isteria provocatoria" degli Stati Uniti. E avverte che è "fermo desiderio" di Pyongyang "distruggere senza pietà chiunque attacca la leadership del nostro Paese".