I cieli della Siria sono sempre più affollati: 14 aviazioni militari diverse operano sopra le teste dei siriani. E il jet russo abbattuto tra Siria e Turchia è l'ennesimo velivolo militare che precipita sul suolo siriano dopo esser stato colpito da miliziani o per guasti tecnici. Numerosi rapporti umanitari e di stampa hanno di recente denunciato i bombardamenti russi su ospedali e zone civili, oltre all'uso di bombe al fosforo bianco sganciate dagli aerei di Mosca a partire dalla metà di ottobre scorso nella Siria nord-occidentale. Da quando nel 2012 il governo di Damasco aveva cominciato a usare caccia e carri armati per reprimere con maggior violenza la rivolta popolare scoppiata un anno prima, il regime del presidente Bashar al Assad ha avuto il monopolio dell'aria. E può vantare il primato di aver bombardato in solitudine e in maniera indiscriminata la sua stessa popolazione per oltre due anni. Da allora e ancora oggi l'aviazione governativa colpisce con bombe tradizionali e con i tristemente noti barili-bomba tutte le aree fuori dal controllo del regime e divise in aree dominate dall'Isis (Raqqa, Dayr az Zawr); altre in mano ai qaedisti (parte di Idlib e parte di Daraa); e altre ancora controllate da gruppi di insorti nazionalisti (parte di Aleppo, Idlib, Latakia, Homs, Daraa e Qunaytra).
Dal settembre 2014 nei corridoi aerei della Siria sono però entrati i numerosi jet della coalizione anti-Stato islamico guidata dagli Stati Uniti. Tra questi figurano i velivoli americani, australiani, canadesi, sauditi, del Bahrain, Emirati Arabi Uniti e Qatar, giordani, marocchini e turchi. I loro obiettivi sono posizioni dell'Isis tra l'est di Aleppo e Dayr az Zor, passando per Raqqa.
Dal 30 settembre scorso ha fatto ingresso la Russia. Grazie al suo decennale accordo di cooperazione strategico-militare con Damasco, la Russia è l'unico Paese straniero a far decollare i suoi caccia da basi all'interno della Siria. Finora ha usato l'aeroporto di Hmeimim, sulla costa mediterranea. Ma si parla dell'imminente apertura di due altri scali militari ad Aleppo e Homs.
Fino agli attacchi di Parigi, i jet di Mosca si erano concentrati in larga parte su obiettivi non-Isis, colpendo a Idlib, Aleppo, Homs, Latakia, Daraa, Damasco postazioni di insorti anti-Damasco, siano essi qaedisti o di altri gruppi nazionalisti che sul terreno lottano anche contro lo Stato islamico. Dopo le stragi parigine, Mosca ha intensificato i raid su Raqqa mostrandosi un partner della "lotta al terrorismo". Dopo il 13 novembre, anche la Francia ha cominciato a compiere raid in Siria, esclusivamente su obiettivi dell'Isis, a Raqqa e Dayr az Zor.
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