L'ambasciata d'Italia a Tripoli è stata sfiorata da un colpo di mortaio che si è abbattuto su un vicino hotel durante gli scontri che da sei giorni contrappongono nella capitale libica una brigata ribelle ad altre milizie per ora fedeli al premier Fajez Al Sarraj. Combattimenti di cui è arduo individuare i moventi e gli obiettivi reali ma che sono un ulteriore segnale del caos libico. Si tratta di scontri che da lunedì hanno causato a Tripoli almeno 39 morti e 119 feriti, secondo il più recente bilancio ufficiale del ministero della Salute, il quale definisce le vittime "in maggioranza" civili. Il colpo di mortaio si è abbattuto verso le sei di mattina sull'hotel "Al Waddan", situato a meno di 150 metri dalla rappresentanza diplomatica italiana. Vi sono stati tre feriti ma nessun italiano coinvolto. L'ambasciata e il suo perimetro non hanno subito danni. Su social network e media sono circolate foto dell'hotel danneggiato e di macchie di sangue sul pavimento. L'esplosione è stata solo una delle molte segnalate in vari punti della capitale (15 solo venerdì), dove un razzo ha colpito pure la sede del Consiglio dei ministri dell'esecutivo di Sarraj, anche in questo caso senza fare vittime. L'aeroporto internazionale di Mitiga, quello vicino al centro e l'unico che serve la capitale, ha dovuto dirottare i voli su Misurata, circa 200 km più a est. Gli scontri vedono coinvolta una milizia, la "7/a Brigata", dall'anno scorso dipendente dal ministero della Difesa ma poi formalmente sciolta da Sarraj in aprile. La formazione dichiara voler continuare a combattere fino alla liberazione di Tripoli dalla "corruzione", a loro dire, delle milizie che dominano la capitale: tra queste spiccano le "Brigate Rivoluzionarie di Tripoli" (Trb) e la "Rada". Il tutto in una "continua escalation di violenza" che "i governi di Francia, Italia, Regno Unito e Stati Uniti condannano fermamente", come sottolineato in una dichiarazione congiunta delle quattro potenze.