Avrà luogo domenica 8 giugno, nel pomeriggio, in Vaticano, l'incontro di preghiera per la pace a cui papa Francesco ha invitato i presidenti di Israele, Shimon Peres, e della Palestina, Abu Mazen (Mahmoud Abbas). Lo ha comunicato questa sera la sala stampa della Santa Sede, specificando che "tale data è stata infatti accettata dalle due parti".
Sono state confermate, quindi, le attese degli ultimi giorni, quando la data più probabile sembrava essere proprio domenica 8, giorno della Pentecoste, dal momento che dovevano essere scartate quelle del 6 giugno, venerdì, giorno festivo per i musulmani, e anche del 7, per via del sabato. I tempi dovevano essere brevi poiché l'incontro, convocato da Bergoglio mentre si trovava in Terra Santa e subito accettato dai due leader, doveva svolgersi prima dell'imminente scadenza del mandato del presidente Peres. Ora che la data è fissata, si definiranno le modalità e i contenuti dell'inedito vertice di pace - un clamoroso successo diplomatico del Papa argentino -, che vedrà anche la presenza di un rabbino e di un religioso musulmano. "Sarà un incontro di preghiera - ha voluto precisare Bergoglio ai giornalisti durante il volo di ritorno dalla Terra Santa -, non sarà per fare una mediazione o cercare soluzioni, no. Ci riuniremo a pregare, soltanto. E poi, ognuno torna a casa. Ma io credo che la preghiera sia importante e pregare insieme senza fare discussioni di altro tipo, questo aiuta".
Una sintesi indiretta di quanto, da un punto di vista religioso e politico, il Pontefice sta compiendo in questi giorni con lo storico incontro in Vaticano per la pace in Medio Oriente si legge anche nel messaggio indirizzato da papa Francesco al tradizionale "Katholikentag" della Chiesa cattolica in Germania, la cui 99/ma edizione si è aperta ieri sera a Ratisbona. Dare testimonianza della propria fede diventando "costruttori di ponti nella Chiesa e nella società", è il mandato che Bergoglio affida ai credenti cattolici. Il messaggio, a nome del Papa, firmato dal nunzio in Germania Nikola Eterovic, sottolinea la vocazione di ogni cristiano chiamato a costruire ponti nelle relazioni umane e nel dialogo con gli altri. Ricordando lo scoppio, 100 anni fa, della Prima Guerra mondiale e poi il Muro di Berlino, il Pontefice evidenzia le tante sofferenze e separazioni che hanno causato e aggiunge: "La gente però ha saputo riunirsi per pregare per la pace. Qui emerge la missione del cristiano: pregare e uscire per portare la buona novella agli altri. La preghiera - osserva il Papa - è una strada a doppio senso perché è un vero dialogo" con l'altro per il quale si prega e con il quale si prega. Non si potrebbe descrivere meglio il senso dell'iniziativa di Francesco con cui domenica scorsa, prima alla messa a Betlemme poi all'arrivo a Tel Aviv, ha invitato Abu Mazen e Peres offrendo "la sua casa" in Vaticano per pregare insieme per la pace. Intanto la stampa internazionale sottolinea ancora la grande "sorpresa" riservata da Francesco domenica scorsa in Medio Oriente che ne conferma la statura di leader globale. "È difficile sostenere che Papa Francesco non sia il miglior politico al mondo dopo il suo viaggio in Terra Santa quest'ultimo fine settimana", scrive sul sito di Time il commentatore Christopher J. Hale. "L'apertura riuscita di Francesco - aggiunge Time - è stata particolarmente rimarchevole se si considerano gli sforzi falliti degli Stati Uniti, all'inizio della primavera, per avvicinare le due parti al tavolo e dare inizio a discorsi di pace negoziati". Ad ogni modo, "questa potrebbe essere la spinta di cui aveva bisogno il segretario di Stato John Kerry per ravvivare questo processo di pace, che è stato largamente fermo negli ultimi quattro anni".
L'articolo di Hale, riportato dall'Osservatore Romano, invita a non sottovalutare il ruolo della testimonianza religiosa per la costruzione della pace, e ricorda che la giornata di preghiera e digiuno per la Siria promossa lo scorso settembre da Francesco fece sì che fosse evitato l'intervento militare Usa nel Paese. "Se l'incontro di preghiera di papa Francesco sarà il catalizzatore iniziale per riavviare i colloqui di pace in Medio Oriente e potremo in qualche modo porre fine alla violenza perpetua che tormenta la regione - conclude -, allora sapremo che l'angelo Gabriele aveva ragione: 'Nulla è impossibile a Dio'".