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Rai: Tarantola, intervenire su governance e canone

"Non svenderemo Raiway. Processo di cambiamento è faticoso e la presenza di interessi meta-aziendali non aiuta"

"Non so dire quale sia la quotazione di Raiway. Ci siamo affidati agli advisor sia per il mercato interno che estero. Speriamo di fare le cose fatte bene e di non svenderla. Visti gli obblighi del codice civile, siamo tenuti a mettere in campo tutte le azioni per evitare la perdita". Lo ha detto il presidente Rai, Anna Maria Tarantola, in Vigilanza.

"Per un cambiamento radicale è necessario intervenire sulla missione, sulla governance, sul canone; questo non è alla portata della Rai, che è comunque pronta a collaborare. Il preannunciato anticipo dei lavori per il rinnovo della convenzione è positivo", ha detto Tarantola in Vigilanza. "La Rai, come le altre emittenti pubbliche europee - ha proseguito - crea valore. La tv pubblica "sostiene la produzione indipendente di film e fiction; finanzia l'industria dei cartoni animati; fornisce servizi di informazione e di intrattenimento rilevanti per la popolazione; crea contenuti legati al Paese e alle infrastrutture presenti a livello nazionale; favorisce lo sviluppo del capitale umano e sociale; è una parte importante del Sistema paese". "Ma per poter fornire un sostegno vitale per la vita economica, culturale e civile deve essere efficiente e indipendente - ha aggiunto Tarantola -; una adeguata governance e risorse finanziarie certe e definite per un periodo di tempo sufficiente a consentire la pianificazione della propria attività sono condizioni indispensabili per garantire piena indipendenza. Nel luglio 2012 nell'assumere la carica - ha ricordato Tarantola - abbiamo trovato una Rai in sofferenza economica. Si rendeva necessario un robusto Piano Industriale che affrontasse i problemi e declinasse le azioni risolutive. Lo abbiamo fatto a legislazione e perimetro dati. Non posso sottacere - ha proseguito - che il processo di cambiamento è faticoso anche a motivo dell'attuale governance; come ho avuto modo di osservare in una mia precedente audizione, la presenza di interessi meta-aziendali non aiuta".

Intanto nessun passo indietro sullo sciopero in Rai dell'11 giugno, ma il fronte della protesta si spacca. La leader Cgil Susanna Camusso e il leader Uil Luigi Angeletti alzano il livello dello scontro con il governo, mentre prende le distanze la Cisl che dovrebbe essere seguita a breve anche dall'Usigrai. Non basta a fermare l'agitazione lo stop del Garante che la dichiara illegittima perché non rispetta "l'intervallo di dieci giorni tra due scioperi sullo stesso settore, considerato lo sciopero del sindacato Usb previsto per il 19 giugno e precedentemente comunicato".

Cgil, Uil e le altre sigle minori decidono comunque di andare avanti, inviando una lettera all'Autorità nella quale spiegano che "la sigla Usb non ha una consistenza rappresentativa tale da integrare" la violazione delle norme. La lettera non trova però d'accordo la Cisl. "La decisione del Garante è l'occasione per riflettere sull'opportunità di bloccare la Rai con uno sciopero - afferma il segretario Raffaele Bonanni -. Non dobbiamo trasformare questa vertenza in un inutile braccio di ferro dal sapore politico con il governo".

Parole molto lontane da quelle usate da Camusso e Angeletti in conferenza stampa al Teatro delle Vittorie. "Questo decreto mette a rischio la Rai nella dimensione di servizio pubblico e di grande impresa del paese", spiega la leader Cgil. "E' grave - prosegue riferendosi al premier Renzi - che si definisca umiliante uno sciopero". Ancora più duro il leader Uil: "Renzi si comporta come un pessimo amministratore delegato dell'azienda pubblica Rai - afferma -. Questa volta ha preso una cantonata. Chiede una tangente alla Rai con il taglio dei 150 milioni, è un pizzo chiesto all'azienda". Usa, invece, toni dialoganti l'Associazione dei dirigenti Rai: "non abbiamo paura dei tagli e dei cambiamenti. Faremo la nostra parte fino in fondo, ma senza concedere nulla a disegni privi di progettualità".

Sembra pronta a defilarsi dallo sciopero l'Usigrai, dopo i molti distinguo tra i giornalisti. "Consulteremo i nostri organismi per le valutazioni", fa sapere l'organizzazione sindacale che loda i passi avanti sul decreto Irpef. In Commissione Bilancio al Senato è stato confermato il taglio di 150 milioni a carico della tv pubblica, insieme alla possibilità di cedere quote di Raiway e di dismettere Rai World. Nello stesso tempo, però, è stato ammorbidito il comma sulle sedi regionali: dall'originaria formulazione che cancellava del tutto l'obbligo di una sede in ogni regione previsto dalla legge Gasparri, si è passati ad una formulazione che prevede redazioni e strutture adeguate in ogni regione, lasciando comunque all'azienda libertà organizzativa.

La tv pubblica è stata inoltre esclusa dai tagli previsti in generale per le società partecipate. Il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, è intanto al lavoro sulla riforma della tv pubblica, nel tentativo di arrivare entro l'anno a nuove regole sul canone e all'avvio della discussione sul rinnovo della concessione che scade nel 2016. Allo scopo sta anche raccogliendo pareri di esperti per poi mettere a punto una piattaforma da sottoporre a consultazione pubblica. Il ministero ha inoltre intenzione, insieme al sottosegretario Luca Lotti, di avviare gli stati generali dell'editoria per affrontare globalmente i problemi del servizio pubblico.

Domani il presidente Rai, Anna Maria Tarantola, e i membri del cda saranno ascoltati in Commissione di Vigilanza sulla spending review in azienda. "Difendo lo sciopero nella parte in cui vuole difendere l'infrastruttura pubblica Raiway - afferma il presidente della bicamerale, Roberto Fico -. La Rai comunque va assolutamente riformata".

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