Nuovo botta e risposta tra il premier ed i sindacati. "Anziché passare il tempo ad inventarsi ragioni per fare scioperi, mi preoccupo di creare posti di lavoro", dice il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dopo la decisione della Cgil e della Uil di andare allo sciopero generale il 12 dicembre, mentre la Cisl scenderà in piazza con le sole categorie del pubblico impiego il primo dicembre. I sindacati non ci stanno e pur con motivi diversi respingono l'attacco. E' "irrispettoso per il lavoro e per il sacrificio dei lavoratori", replica il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, che va al contrattacco: "Dialoga solo con chi gli da' ragione", invece "bisognerebbe ascoltare le ragioni del disagio nel mondo del lavoro e dare risposte positive", dice Camusso, tornando a sostenere le ragioni dello sciopero generale contro il Jobs act e la legge di stabilità (con le misure del governo si "torna al 1800" e "non si crea lavoro"). Anche il segretario generale aggiunto della Uil, Carmelo Barbagallo, che domani, 21 novembre, sarà eletto alla guida del sindacato al posto del dimissionario Luigi Angeletti, difende la scelta dello stop: "Non c'è niente da inventare, è chiara la situazione del Paese. Magari inventassimo cose che servono per il nostro benessere". E ne approfitta per ribattere, in tono sempre ironico, anche al presidente di Confindustria: "Squinzi dice che a loro lo sciopero fa bene? Si vede che rappresenta solo le aziende sfigate...".
Il leader della Cisl, Annamaria Furlan, risponde, invece, chiedendo di fare un distinguo netto: "Il presidente del Consiglio intanto deve smetterla di dire 'i sindacati'". E spiega: lo sciopero del pubblico impiego "ha un obiettivo molto chiaro, il rinnovo del contratto, da sei anni bloccato". Ribatte, alle altre sigle, che nemmeno con le "manovre lacrime e sangue del governo Monti" si è fatto lo sciopero generale, "non possiamo avere pesi diversi a seconda di chi è al Governo". Poi, intervenendo al congresso della Uil, si smarca dalla Cgil (proprio senza citarla) e ricorda "le tante cose fatte insieme, come Cisl e Uil", gli accordi "coraggiosi", dal nuovo modello contrattuale alla Fiat ("anche sotto gli insulti di altri") fino agli 80 euro che "sono gli 80 euro della mobilitazione, della determinazione di Cisl e Uil". In questi giorni "abbiamo fatto scelte diverse, voi insieme ad un'altra organizzazione" ma, è l'appello, "dipende da noi non rompere il filo dell'unità", la divisione "fa male". Anche il premier rileva che "ci sono stati più scioperi in queste settimane che contro tutti gli altri governi" e insiste sul fatto che il governo "sta cercando di mettere in piedi tutte le azioni per far ripartire il lavoro". E comunque sia, torna a garantire, "noi abbiamo promesso che cambieremo e, piazza o non piazza, le cose le cambiamo". Domani, 21 novembre, il Jobs act approda in Aula alla Camera, dopo che la Commissione lavoro ha dato l'ok definitivo alla delega sul lavoro con il mandato al relatore, Cesare Damiano (Pd).
Il voto finale dovrà arrivare entro mercoledì prossimo, il 26. Il ricorso alla fiducia resta un'ipotesi in campo, ma "forse non serve", dice Renzi. "Lo decideremo nei prossimi giorni in base al numero di emendamenti e alla discussione", aggiunge il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi. I tempi, infatti, devono essere stretti e a gennaio devono entrare in vigore i decreti delegati. L'obiettivo del governo è "chiaramente" che il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti sia operativo "ad inizio anno", ribadisce il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Proprio con Poletti, intanto, è andata avanti la polemica sul mancato intervento, ieri, al congresso della Uil: Barbagallo insiste sul fatto che abbia usato "una scusa" per evitare il confronto e "mancato di rispetto" ai lavoratori. "Nessuna rottura da parte mia, se ci saranno le occasioni per discutere nel merito lo faremo e in maniera del tutto normale", assicura invece il ministro.