Spiega che quella nella Mosche Blu di Istanbul era "una vera preghiera", e "sincera", diretta in particolare al tema della pace. Chiede a tutti i leader islamici che "condannino chiaramente il terrorismo", spiegando con forza che "quello non è l'Islam". Ribadisce di voler andare in Iraq, ma che in questo momento lo sconsiglia il fatto di creare "seri problemi" alle autorità. Percorre tanti temi papa Francesco nell'ampia conferenza stampa - oltre 45 minuti di risposte ai giornalisti - durante il volo di ritorno dalla Turchia. "E' stato un momento di preghiera, sincera", dice su quei due minuti dinanzi al "mihrab" nella Moschea Blu. "Ho pregato per la Turchia, per la pace, per il Muftì, per tutti, per me, che ne ho bisogno. Ho pregato davvero e ho pregato per la pace soprattutto: 'Signore, finiamola di guerre'". "Io sono andato in Turchia come pellegrino, non come turista - spiega - e il motivo principale era per la festa di oggi, Sant'Andrea, per condividerla col patriarca Bartolomeo, quindi per un motivo religioso". "Poi quando sono andato in moschea - prosegue - non potevo dire no, il viaggio era religioso. Ho visto quella meraviglia. Il Muftì mi spiegava bene tante cose, anche con grande mitezza, col Corano dove si parlava di Maria, di Giovanni Battista. Allora ho sentito il bisogno di pregare. Lui mi ha detto, preghiamo un po'? E io ho detto sì". "Ho detto al presidente Erdogan: sarebbe bello che tutti i leader islamici, i leader politici, religiosi, accademici, condannino chiaramente il terrorismo e dicano che quello non è Islam", racconta. "Abbiamo bisogno di una condanna mondiale, che gli islamici dicano chiaramente, noi non siamo quello, questo non è il Corano". Rispondendo a una domanda sull'islamofobia di cui ha parlato Erdogan, Francesco osserva che "è vero che davanti a questi atti terroristici che ci sono in questa zona, ma anche in Africa, c'è una reazione: si dice, ma se questo è l'Islam mi arrabbio.
E tanti islamici sono offesi, tanti tanti, dicono: noi non siamo questo, il Corano è un libro di pace, è un libro profetico di pace, questo non è l'Islam". "Io capisco questo. Credo - rimarca - che non si possa dire che tutti gli islamici sono terroristi, come anche non si può dire che tutti i cristiani sono fondamentalisti". A proposito di Iraq, afferma poi, "io voglio andare. Ho parlato col patriarca Sako, ho inviato il cardinale Filoni, e per il momento non è possibile. Non perché io non voglia. Se in questo momento andassi creerei un problema abbastanza serio alle autorità. Di sicurezza. Ma mi piacerebbe tanto". E' "una terza guerra mondiale a pezzi, a capitoli, dappertutto", afferma che "dietro questo ci sono inimicizie, problemi politici, problemi economici", collegati al fatto di "salvare questo sistema dove il Dio denaro è al centro, non la persona umana. E anche problemi commerciali: il traffico delle armi è terribile, è uno degli affari più forti in questo momento. Si moltiplicano i conflitti perché si danno le armi". "L'anno scorso a settembre - ricorda - alla Siria si diceva che aveva le armi chimiche: io credo che la Siria non era in grado di fare le armi chimiche. Chi le ha vendute? Forse alcuni degli stessi che la accusavano di averle. Su questo affare delle armi c'è tanto mistero". E in tema di armi atomiche, il Papa sottolinea che "da Hiroshima e Nagasaki l'umanità non ha imparato nulla". Bergoglio si sofferma anche sul fatto che in Turchia voleva andare in un campo di rifugiati: "Ho fatto tutti i calcoli, ho fatto di tutto e ci voleva un giorno in più, ma non era possibile. Non era possibile per ragioni non solo personali". Sulle prospettive dei rapporti col Patriarcato di Mosca, dopo la grande dimostrazione di fraternità col patriarca Bartolomeo a Istanbul, rivela: "Al patriarca di Mosca Kirill ho fatto sapere, e lui era d'accordo, la voglia di trovarci. Tu mi chiami e io vado, gli ho detto. E lui anche ha la stessa voglia. Ma in questi ultimi tempi col problema della guerra e con tanti problemi che ci sono, l'incontro col Papa è passato in secondo piano. Ma tutti e due vogliamo incontrarci, vogliamo andare avanti". Infine, in vista del centenario del genocidio armeno che ricorre l'anno prossimo, esprime una speranza: "Una cosa che a me sta molto a cuore è la frontiera turco-armena: se si potesse aprire quella frontiera!". "So che ci sono problemi geopolitici che non facilitano l'apertura - conclude - ma dobbiamo pregare e aiutare che questo si faccia. L'anno prossimo si faranno tante cose per celebrare il centenario, ma è importante che si vada avanti anche con piccoli gesti".