Le opposizioni unite in Aula alla Camera nel dire no alle riforme e nel chiedere lo slittamento del voto finale vengono affrontate dal premier Matteo Renzi nel suo consueto stile, rilanciando la sfida del referendum che sarà da lui affrontato "a viso aperto con tutta la tenacia e tutta l'energia". E l'assaggio del clima che caratterizzerà la campagna referendaria è stato vissuto alla Camera, quando tutte le opposizioni hanno lasciato l'Aula all'arrivo del premier, che così si è potuto rivolgere, nell'emiciclo, alla sola maggioranza. Rimarcando la volontà di giocarsi tutto sul referendum previsto il prossimo autunno. E da domani Sel, Fi, M5s e Lega metteranno in atto l'ostruzionismo per ritardare il voto finale sul ddl Renzi-Boschi che invece il Pd vorrebbe che avvenisse entro mercoledì. Oggi a Montecitorio è iniziata la discussione generale sull'ultimo passaggio parlamentare delle riforme costituzionali, che nelle intenzioni della maggioranza dovrebbe concludersi con il voto dell'aula mercoledì. Ma tutte le opposizioni, da Sel a Fi, passando per M5s e Lega, stanno cercando di far slittare il voto finale alla prossima settimana, cioè dopo il referendum sulle concessioni per le trivelle di domenica prossima e dopo le mozioni di sfiducia contro l'Esecutivo che il Senato voterà martedì 19.
Una richiesta che il Pd con Ettore Rosato ha definito "inaccettabile". E che, al termine della giornata, è stata respinta dalla conferenza dei capigruppo con la conferma del calendario: da domani pomeriggio si inizia a votare. Certo, non ci sono emendamenti, e occorre quindi votare solo i singoli articoli (41) e il ddl nel suo complesso. Tuttavia le opposizioni minacciano l'ostruzionismo. "domani puo' accadere di tutto", ha detto Arturo Scotto di Sel. E non si puo' escludere una seduta notturna. Il clima è stato velenoso per tutta la giornata. In aula le opposizioni hanno ribadito le proprie critiche sul testo della riforma, con una sorprendete capovolgimento da parte di M5s, che finora aveva affermato l'inutilità di un Senato "ridotto a dopolavoro". Invece Danilo Toninelli ha sostenuto che esso avrà poteri fortissimi in grado di bloccare le leggi approvate dalla Camera: il tutto è stato fatto per bloccare M5s se dovesse vincere le elezioni. Il Pd, con il relatore Emanuele Fiano e Francesco Sanna, ha rivendicato "con orgoglio" il merito delle riforme. Le opposizioni hanno poi polemizzato con Renzi e con la sua volontà di trasformare il referendum "in un plebiscito".
Su questo punto Barbara Pollastrini, della minoranza del Pd ha invitato il premier ha cambiare rotta e a riaprire il dialogo con le opposizioni modificando l'Italicum, la legge elettorale. Quando nel tardo pomeriggio Renzi è giunto alla Camera, per la replica del governo, le opposizioni sono tutte uscite, perché - questo è stato il pretesto - non aveva ascoltato la discussione generale. In un aula piena a metà, e senza il ministro Maria Elena Boschi impegnata a Londra ("le riforme daranno stabilità al Paese" ha detto dalla capitale britannica) Renzi ha puntigliosamente risposto alle 25 obiezioni di merito e di metodo sollevate dalle opposizioni, Il combinato disposto di riforme e Italicum assicureranno all'Italia una "democrazia in grado di decidere", ha affermato. E poi nessun passo indietro sul referendum, che verrà affrontato da lui "a viso aperto con tutta la tenacia e tutta l'energia". "Non discuteremo solo di singole norme o di valutazioni giuridiche - ha aggiunto - useremo argomenti anche più popolari e non populisti". Insomma, niente fioretto e sciabola in mano, come si evince dalla sferzante battuta contro le opposizioni: "Dicono 'andiamo fuori dal Parlamento' per mandare a casa il governo. Ma quando si andrà a votare tanti di loro resteranno fuori dal Parlamento e non credo sarà un problema per la stragrande maggioranza degli elettori".