Matteo Renzi punta l'indice contro gli scissionisti e quanti avrebbero approfittato del suo momento di debolezza per "distruggere" il partito, ma gli sfidanti per la segreteria non ci stanno a vedersi confusi con i fuoriusciti e rinviano al mittente l'accusa di voler indebolire la comunità che si riconosce nel partito. "Mi ha fatto male vedere compagni che se ne sono andati, mi ha fatto più male vedere persone rimaste a casa e ancora di più mi ha fatto male vedere qualcuno che ha tirato un sospiro di sollievo quando queste persone se ne sono andate o sono rimaste a casa" replica Andrea Orlando, lo sfidante di Renzi che accusa il segretario di continuare ad inseguire una via leaderistica in solitario e di illudersi che per vincere sia sufficiente ammiccare ai populismi. "Inseguire la vecchia destra ci ha portato alla sconfitta, inseguire questa nuova destra ci porterebbe al dramma" chiarisce Orlando dal teatro Eliseo dove ha presentato con Nicola Zingaretti le linee guida della sua proposta politica in vista delle primarie.
Nel suo contro-Lingotto in cui, dice, "non ce la sfangheremo agitando simboli o bandiere o con la tardiva venerazione di filosofi del pensiero marxista". "Renzi ci ha provato al Lingotto a dare l'impressione di un cambiamento, ma quanto una storia finisce non la rimetti insieme con l'Attak" attacca l'altro candidato, Michele Emiliano, che nella sua tappa a Firenze si appella al popolo delle primarie: "Consegnare ancora nelle mani" di Renzi "la guida del Pd, significa condannare il partito ad una sicura sconfitta elettorale e a perdere il governo del Paese". La sua candidatura, assicura, contribuirà invece a rendere il congresso Pd più interessante: "Provate a immaginare che noia infinita sarebbe stato un congresso tra Renzi e il suo ministro della Giustizia". Con il quale è costretto però a cointestarsi la battaglia contro il segretario uscente: rispetto a lui "io non parlo in teoria come capita ad Orlando che non ha mai avuto il piacere e l'onore di amministrare alcunché".
E comunque già mette in conto la sconfitta: "Io ho tempo, non ho fretta, non so se riuscirò a vincere subito, ma sicuramente vinco la prossima volta". Occasione che, nel caso in cui vincesse Renzi le primarie, "potrebbe essere anche l'anno prossimo". Renzi infatti non si sente minacciato e fa gli "auguri di buon lavoro a Orlando e Emiliano perché non facciamo polemiche con nessuno e in particolare con i nostri compagni di squadra". La polemica, in realtà, gira soprattutto intorno al tema delle alleanze, questione che arrovella gli stessi renziani. Per Orlando è necessario proporre un'alleanza "larga" ma sui programmi perché "questo non è il momento di mettere paletti ma di costruire ponti". Per il ministro della Giustizia (incarico che assicura lascerà nel caso in cui diventasse segretario) serve allargarsi ad un rapporto con i "moderati", come quelli di Giacomo Portas, e tutti quelli che aderiranno al programma di centrosinistra. "Dobbiamo lavorare sull'ipotesi che nasca alla nostra destra una forza di centro riformista" perché di "sicuro non possiamo governare con forze che rivendicano l'attuazione di un programma di centrodestra e dentro la stessa coalizione con forze che rivendicano un programma di centrosinistra". Alfano, allo stato attuale, è quindi 'fuori' anche se Orlando evita di fare nomi.
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