Il palco dell'ultimo giorno del "non congresso" M5s il 24 settembre 2017 è tutto per lui, Luigi Di Maio. Toni istituzionali, pillole di programma di governo, navigata prudenza sull'esito delle Regionali in Sicilia: il neoleader prova già a inaugurare il nuovo corso. La macchia impressa dalla zampata degli ortodossi resta però indelebile. "Il candidato premier non è il capo della vita generale del Movimento", chiarisce Roberto Fico, il "ribelle" con cui ieri i vertici 5 Stelle hanno siglato una tregua che stenta a decollare. E le tensioni sulle regole e sulle prerogative del candidato premier non finiscono certo con la chiusura di Italia 5 Stelle.
Fico mantiene il punto ma anche un profilo basso. "Sono venuto ad ascoltare Di Maio", spiega evitando i palchi secondari della festa. E precisando, nel pomeriggio le sue parole: "Rifiuto ogni strumentalizzazione, io non ho "gelato" nessuno, tanto meno è messo in discussione il risultato delle votazione online che è pianamente legittimo", spiega smentendo qualsiasi richiesta di ministeri che avrebbe rivolto ai vertici come base della tregua. Una tregua che, invece, resta fragilissima e rischia di inabissarsi quando emerge cosa potrà fare o non fare il leader.
Le decisioni sulle regole, spiega Vito Crimi, mantengono comunque una loro collegialità dove contano anche il Comitato di appello - di cui il senatore fa parte - e il collegio dei probiviri. E se tra capo politico e comitato d'appello "manca l'intesa interviene il voto online", aggiunge Crimi.
Il passaggio da Grillo a Di Maio, però, si sentirà. Di Maio, ad esempio, dovendo depositare il simbolo del M5S alle prossime Politiche entrerà nell'associazione titolare del logo e diretta, finora, da Grillo, dal suo commercialista, da suo nipote e da Casaleggio. E se Beppe, tra l'altro, conferma come il suo defilarsi non sia solo formale - "non sono più capo, è bellissimo, e c'è continuità", sottolinea - c'è chi tra, i parlamentari, plaude ad una svolta che riequilibra i centri di potere geografici del Movimento. "Per noi sarà meglio che Di Maio abbia più incisività. Prima se c'era un problema occorreva fare una serie di passaggi, chiamare Milano, ora basterà andare nel suo studio", spiega un deputato sottolineando come, con un Di Maio forte, il M5S si avvicinerà agli altri partiti. "E non diranno più che siamo eterodiretti", sottolinea.
Anche per questo, nei vertici, l'atteggiamento di Fico ha creato "un prima e un dopo". "Fico si è messo in una buca, la sua è una polemica strumentale", spiega uno degli uomini più vicini a Casaleggio dando un'ulteriore motivazione alla svolta M5S: Grillo "era davvero stanco dei ricorsi". Ora, però, parte una nuova era e la futura compilazione delle liste non contribuirà certo a rasserenarla. Sul palco, nel giorno dell'incoronazione di Di Maio, non c'era il direttorio ma una squadra di parlamentari che, probabilmente, comporrà l'ossatura del Movimento dei prossimi mesi. Delineando un "inner circle" totalmente diverso da quello del M5S delle origini.