Il Pd dovrebbe dialogare sul governo con il M5s, "con la regia del capo dello Stato, a certe condizioni programmatiche". E' Walter Veltroni, padre fondatore e voce assai ascoltata, a rompere tra i Dem il fronte del no ai Cinque stelle. Finora solo Michele Emiliano aveva invocato un accordo con Di Maio. Mentre fuori si moltiplicano gli appelli di intellettuali e politologi, sembrava tenere la linea dettata da Matteo Renzi del Pd all'opposizione, con la sola subordinata di un governo istituzionale "con tutti". Invece no: "Sono iniziate le grandi manovre", si agitano i renziani leggendo Veltroni. E abbandonano ogni riguardo verso l'ex leader: l'intesa con il M5s - commentano - tradirebbe gli elettori e affosserebbe il Pd. L'asse "governista" tra i Dem si va allargando giorno dopo giorno, di fronte al "pericolo" di un esecutivo M5s-Lega e allo spauracchio di un ritorno al voto. Il reggente Martina, che cerca di tenere il partito unito su una linea "non aventiniana" ma di opposizione, continua a dire no a ipotesi di governo con M5s o destra.
E, dopo aver sentito Luigi Di Maio, precisa che il confronto è sulle presidenze delle Camere non sul governo. Ma dopo l'idea di Dario Franceschini di una legislatura costituente, l'apertura di Veltroni, in caso di stallo, a un governo Pd-M5s "indipendente" e "di qualità", desta ira e sospetti renziani. I sei milioni di elettori Dem - affermano - hanno detto "no a M5s e Salvini": se qualcuno nel Pd vuole alleanze lo dica, ne risponderanno agli elettori e ci si conterà nei gruppi (lì i renziani assicurano di avere ancora la maggioranza). Due gli spettri: un governo con M5s, ma anche l'appoggio esterno a un governo di centrodestra che potrebbe nascere con il non voto Pd. Veltroni parte però a monte, da una dura critica al partito: "E' stato Pd per un breve periodo", ha "divorato i propri figli", mentre "la sinistra ha perso il rapporto col suo popolo. Bisogna sottrarsi "al presentismo e stare dove c'è il disagio", afferma l'ex segretario, che si rifiuta di definire Renzi "il problema" ma sottolinea che la sconfitta "non nasce per caso".
E ora? "All'opposizione sì, ma deve esserci un governo", dichiara. Ed esprime una linea di responsabilità che appare sempre più condivisa tra i Dem di maggioranza e minoranza. "Strepitoso Veltroni: fa piacere lottare con lui", esulta Emiliano, che rilancia il sostegno esterno a "un governo minoritario M5s su punti programmatici specifici". Si chieda il via libera agli iscritti Dem, propongono i suoi, con un referendum. Dalla segreteria Piero Fassino frena lo scenario veltroniano, ma non chiude: "Prima chi ha vinto tenti di fare un governo. Se non riescono ascolteremo le valutazioni del presidente della Repubblica", sillaba. E i Cinque stelle? "Offerte non ne abbiamo ricevute. Se c'è altra proposta rispetto un sostegno a un governo M5s sul loro programma, lo si dica". Ma, silente Renzi, i renziani insorgono: "Se qualcuno - afferma Michele Anzaldi - mascherasse dietro un presunto esecutivo istituzionale l'appoggio Pd a un governo M5s commetterebbe un inaccettabile tradimento degli elettori. All'opposizione, ma anche...? No grazie". E Andrea Marcucci, possibile nuovo capogruppo al Senato, afferma che chi "a qualsiasi titolo" apre a M5s "non ha a cuore il futuro Pd, ma la sua estinzione". "Un deja vu", è tranchant Matteo Orfini: "Sembra che qualcuno voglia far tornare il Pd indietro ma il passato è il problema non la soluzione".