Discutere la linea Pd sul governo prima delle consultazioni. La richiesta di Dario Franceschini, sostenuta da Andrea Orlando, apre un varco nel muro innalzato da Matteo Renzi all'indomani della sconfitta elettorale.
Fa sentire la voce dell'area aperturista del partito e irrita i pasdaran renziani. Il reggente Maurizio Martina media e rinvia il confronto a dopo il primo giro di consultazioni, quando si riuniranno gruppi parlamentari e direzione.
Ma Renzi, se non fosse abbastanza chiaro, ribadisce la sua linea per iscritto: non c'è da discutere - spiega - perché "la situazione politica è chiara", M5s e centrodestra "prima o poi" faranno il governo. E al Pd, che "starà all'opposizione", restare fuori "può fare molto bene", scrive l'ex premier citando Pierluigi Castagnetti, che di Franceschini è stato tra i riferimenti politici.
Il ministro della Cultura prende la parola nella riunione dei deputati Pd convocata di primo mattino per scegliere i candidati all'ufficio di presidenza della Camera. I nomi di Ettore Rosato (l'unico eletto, vicepresidente), Rosa Maria Di Giorgi e Alessia Morani passano per acclamazione. "Non è banale la tenuta unitaria" del Pd, sottolinea Martina, che assicura "spazi di riflessione" e "collegialità".
Ma quando si apre il dibattito, Franceschini parla per primo e chiede di poter aprire un confronto sulla linea: bisogna convocare - chiede - i gruppi Dem prima delle consultazioni. Non esiste, replica subito Lorenzo Guerini: al Colle giovedì il Pd dirà che sta all'opposizione.
Ma il dibattito prosegue e Andrea Orlando fa sponda a Franceschini: ferma l'opposizione, il Pd deve discutere un'agenda sul sociale da portare al Colle.
Ora il Pd è minoranza e l'iniziativa tocca agli altri ma io - concorda il veltroniano Walter Verini - il governo M5s-Lega non me lo auguro, se si apre una fase nuova si dovrà valutare. Martina media, sente Renzi e poi, in tandem con Delrio, annuncia il confronto nei gruppi dopo le consultazioni.
Ma è raggiunto, affermano i franceschiniani, l'obiettivo della loro iniziativa: inviare a Mattarella un segnale e aprire una discussione vera nel Pd.
I renziani sostengono che il ministro in assemblea ha citato il M5s: vuole, accusano, un governo con Di Maio. Ad agitare gli animi contribuiscono anche i segnali europei, di un pressing perché il Pd dia sponda a M5s per evitare un governo con la Lega. Tanto che viene accolta con sollievo la smentita di "Europe En Marche", movimento che fa capo a Macron, di aperture al M5s nel futuro Europarlamento.
I renziani ribadiscono che senza di loro un governo con M5s non si può fare: paradossalmente, dice qualcuno, sarebbe più facile dare l'appoggio esterno al centrodestra. Ma i timori di una iniziativa del "correntone" governista che includa anche Martina e Gentiloni restano. Il reggente dichiara che il Pd non sta nel "freezer" ed è pronto a un confronto "sui temi" in Parlamento. Ma su di lui e su una sua possibile candidatura alla segreteria i renziani esprimono più di un dubbio: sono pronti, dicono, a sostenere un altro candidato come Matteo Richetti, che ha annunciato la sua disponibilità, Graziano Delrio o Lorenzo Guerini. Non se ne parlerà però a breve: prima si attende la nascita del governo e poi forse le amministrative di maggio.