Maria Elisabetta Alberti Casellati è stata convocata alle 11 al Quirinale. Il capo dello Stato dovrebbe affidarle un incarico esplorativo.
La scelta di Mattarella avviene in una situazione a dir poco surreale, in cui i fatti smentiscono quanto i partiti hanno affermato durante l'ultimo giro di consultazioni, caricando quindi di incognite le scelte del Capo dello Stato.
Giovedì scorso i tre leader del centrodestra avevano chiesto a Mattarella di partire dal centrodestra. L'unità della coalizione aveva mostrato nuove crepe con le prese di posizioni dopo l'attacco Usa in Siria, e ieri in Aula le divergenze sono state confermate. Solo Fi ha applaudito, assieme al Pd, quando il premier Gentiloni ha enfatizzato l'amicizia dell'Italia con gli Usa, indipendentemente da chi sia il suo presidente. E negli interventi ognuno dei tre gruppi ha applaudito solo le parole del proprio deputato.
L'impressione, diffusa in ambienti politici, è che con le proprie dichiarazioni sulla Siria Matteo Salvini, che ieri ha rinnovato l'appello a Di Maio a "vedersi e parlare di programmi", si sia autoescluso (forse consapevolmente) dal primo pre-incarico politico. Dal canto suo, M5s ha fatto sapere di non volere che tale incarico sia affidato al presidente della Camera Roberto Fico ("sarebbe irrealistico").
Apprezzamento per Casellati è stato espresso da Matteo Salvini e da Mariastella Gelmini, anche se molti "azzurri", che chiedono di non essere citati, avrebbero preferito tenere in serbo questa carta per un successivo tentativo: più d'uno sperava in un incarico a Fico che non avrebbe potuto rifiutarsi di incontrare Silvio Berlusconi, facendo così cadere il veto verso di lui. L'altro motivo di riserva in Fi verso l'incarico a Casellati è che in questa fase potrebbe non riuscire a convincere né M5s né il Pd. E forse in un ottica di un possibile nulla di fatto da parte della presidente del Senato, Salvini non ha chiuso all'ipotesi di un "terzo uomo" a Palazzo Chigi, anche un tecnico, diverso da lui e Luigi Di Maio, al quale ha mandato un invito a parlare di "programmi" come lavoro e tasse, anziché bloccarsi su chi sarà il premier.
Nella Lega infatti si comincia a temere l'accordo M5s-Pd. Il reggente Dem Maurizio Martina ha detto che il suo partito è pronto a confrontarsi "su tre punti" che erano il programma elettorale del Pd (povertà, famiglia, lavoro), mossa che ha ricevuto il plauso di M5s come "iniziativa utile". Se dunque dopo un eventuale nulla di fatto di Casellati, ci fosse un incarico a Di Maio, questi - secondo i timori di alcuni nella Lega e in Fi - anziché fallire aprendo la strada al "terzo uomo", potrebbe chiudere con il Pd.
Da registrare anche il fatto che il presidente Fico abbia chiesto alla Commissione speciale di inserire nel proprio ordine del giorno il decreto carceri, proprio come avevano chiesto il governo e il Pd, ma che la Lega aveva bloccato. Dopo l'irritazione dei renziani contrari ad ogni apertura a M5S, Martina ha subito chiarito che i tre punti indicati non sono una apertura a M5s, ma la semplice ripetizione del programma del Pd, e che quindi le sue parole sono state "strumentalizzate". Ma a destra il timore che sbocci l'amore è palpabile.