"Cittadini, tranquilli". Lo dice Luigi Di Maio, concorda Matteo Salvini. I due vicepremier alzano la voce nel governo: servono risorse non risicate per avviare da subito flat tax e reddito di cittadinanza ma non si prenderanno - assicurano - né da un aumento dell'Iva, né dalla cancellazione degli 80 euro. E qui iniziano i problemi e le tensioni. Perché, va ripetendo Giovanni Tria, le coperture vanno trovate: la revisione Iva e trasformazione degli 80 euro sono due ipotesi, spiega al momento il Mef.
I tagli di spesa, che per i soli ministeri andrebbero ben oltre i due miliardi, rischiano infatti di non bastare, soprattutto se si considera che le stime del Pil andranno riviste al ribasso (dall'1,5% all'1,2%, secondo alcuni). Il leader M5s annuncia battaglia in Ue per avere margini e andare oltre i parametri di rientro del deficit. Ma la coperta è corta e sul da che parte tirarla il governo già si divide. Rischia, per dire, di essere rinviata la riforma della legge Fornero, cavallo di battaglia leghista: sulle pensioni si farebbe solo "quota 100". Salvini è irremovibile: lanciare la pace fiscale, riformare la Fornero e avviare la flat tax - da realizzare in due o tre anni - a iniziare da partite Iva e microimprese (con plafond massimi di imponibile sui 100 mila euro). Il M5s alza la posta: Di Maio annuncia l'aumento degli incentivi "per tutti i contratti a tempo indeterminato anche sopra i 35 anni" e una fonte di vertice pentastellata chiede più risorse per il reddito di cittadinanza ("è inaccettabile - dice - che parta con lo stanziamento di pochi miliardi perché bisogna fin da subito finanziare almeno la metà della misura: se il costo è 17 miliardi, nella manovra dovrebbero essercene 8,5"). Gli azionisti di governo, che guardano alle europee 2019, vogliono mostrare da subito di tener fede agli impegni. Le misure saranno graduali ma l'idea è dare segnali forti e definire nella legge di bilancio 2019, triennale, un percorso di tagli alle aliquote.
Ma come coprire le misure promesse, è ancora una grande incognita. E ha creato tensioni anche nel vertice pre-agostano che si è svolto mercoledì a Palazzo Chigi. Tria, vero garante della tenuta dei conti pubblici con il rispetto dei vincoli europei, annovera tra le ipotesi non solo un aumento selettivo dell'Iva ma anche il superamento degli 80 euro per finanziare altre misure. Fonti del Mef lo ribadiscono ancora in mattinata, nonostante il fuoco di fila di Di Maio e Salvini. "Al momento non ci sono decisioni prese ma si valutano diverse possibilità", sottolineano. Ricordando che Tria, nel parlare di 80 euro in un'intervista al Sole 24 ore, ha dato la garanzia "che nessuno perda nel passaggio dal vecchio al nuovo". A ricondurre l'ipotesi sui giusti binari (fuori da un possibile scontro di governo) ci pensa anche il viceministro leghista all'Economia Massimo Garavaglia: "Non c'è intenzione di toccare l'Iva, al netto di qualche piccolo aggiustamento.
E non si tolgono gli 80 euro ma li si trasforma in una riduzione fiscale anziché un esborso. E' molto meglio una riduzione di tasse di un bonus". Tutto a posto? No. Perché il ministro dell'Economia è guardato con sospetto sia dai leghisti che dai pentastellati, timorosi che alla stretta finale di settembre, magari in asse con il premier Conte, chiuda i cordoni della borsa. Il governo "non vuole fare il gioco delle tre carte, non tireremo la coperta da una parte per scoprirla dall'altra", prova a rassicurare Di Maio. Ma le opposizioni incalzano.
"La verità è che reddito di cittadinanza e flat tax insieme non si possono fare", attacca da Fi Mara Carfagna. E dal Pd, mentre Matteo Renzi gongola per le parole di sostegno dei pentaleghisti agli 80 euro, Maurizio Martina ammonisce a non tagliare le tasse ai più poveri "per pagare la flat tax ai ricchi": è questo, denuncia il Pd, il "rischio".