Niente scioglimento del Csm, travolto dalla bufera sulle nomine delle Procure. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha indetto per ottobre elezioni suppletive solo per i due pm dimissionari, Luigi Spina e Antonio Lepre: "la richiesta di scioglimento anticipato comporterebbe la rielezione dei suoi membri con i criteri attuali" e "contrasterebbe con la necessità di cambiare le procedure elettorali da più parti richieste" spiegano fonti del Quirinale. La decisione del Colle arriva alla fine di una giornata di crescente pressing politico attorno al Capo dello Stato per l'azzeramento di Palazzo dei Marescialli, incagliato in una crisi istituzionale senza precedenti.
Lo stesso Silvio Berlusconi era uscito allo scoperto. "Chiederemo un'udienza la Capo dello Stato per esporre le nostre preoccupazioni e chiedere lo scioglimento del Csm" ha detto il Cav rilanciando la richiesta di Forza Italia - "ci sono ombre troppe serie" - e la richiesta di una commissione d'inchiesta. Ma proprio la necessità di cambiare le regole per le elezioni dei membri del Consiglio è stata la chiave che ha permesso a Mattarella di 'respingere' gli assalti. La sostituzione dei dimissionari è il primo passo affinché "si volti pagina" rispetto a quello che è successo nel Csm restituendo alla magistratura indipendenza e prestigio sottolineano fonti del Quirinale spiegando che proprio le ultime vicende hanno "incrinato" questo prestigio. Che la situazione sia comunque al limite, lo conferma anche la mossa del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che ha avviato l'azione disciplinare nei confronti dei cinque consiglieri del Csm 'rei' di aver incontrato l'ex ministro Luca Lotti, rinviato a giudizio a Roma per Consip. Al vaglio del Guardasigilli ci sono i comportamenti dei consiglieri autosospesi Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli e Antonio Lepre - che rompendo l'ordine di scuderia di MI, contraria alle dimissioni perché avvantaggiano le altre correnti, ha lasciato l'incarico - e quelli di Luigi Spina e Gianluigi Morlini, che hanno già detto addio a Palazzo dei Marescialli. "Condividendo a pieno il provvedimento del Pg della Corte di Cassazione, ho avanzato ulteriori contestazioni e continuo a muovermi nel solco di quella compattezza delle istituzioni che ho promosso fin dall'inizio della vicenda che sta investendo il Csm", ha spiegato il ministero riferendosi ai passi disciplinari già fatti dal Pg Riccardo Fuzio. Quanto a Lotti, l'ex ministro ha affidato la sua difesa a Facebook parlando di "montagna di fango". Ma dai dem non si alza una voce in suo favore; parla solo il segretario Nicola Zingaretti, per dire che "ogni processo sommario celebrato sulla base di spezzoni di intercettazioni va respinto". Ma anche per sottolineare che "il Pd non ha mai dato mandato a nessuno di occuparsi degli assetti degli uffici giudiziari. Dal punto di vista dell'opportunità politica il partito che ho in mente non si occupa di nomine di magistrati". Parole che non convincono i cinquestelle.
"Che fa Zingaretti, lo tiene ancora dentro al Partito? Il Pd c'è dentro fino al collo" dice il portavoce alla Camera Michele Gubitosa. Dalle carte intanto emerge uno spaccato che non lascia dubbi sulla gravità del ferita inferta all'organo di autogoverno dei giudici. Era proprio Lotti a dire che a David Ermini, vicepresidente del Csm, "però qualche messaggio gli va dato forte". Con "l'oggettivo risultato - sottolineano i documenti in mano al Csm - che la volontà di un imputato abbia contribuito alla scelta del futuro dirigente dell'ufficio di procura deputato a sostenere l'accusa nei suoi confronti". Nonostante ciò, l'ex braccio destro di Matteo Renzi rivendica la liceità dei summit in hotel con Cosimo Ferri - anche lui parlamentare dem, leader di Magistratura Indipendente - nei quali si parlava di nomine nelle procure, soprattutto per la successione di Giuseppe Pignatone, ex capo dei pm capitolini.