Quattro ore lunghe e tese che portano non ad un accordo ma a quella che è una fumata grigia sul fondo Salva-Stati. Il vertice di Palazzo Chigi convocato dal premier Giuseppe Conte ad una manciata d'ore dal nuovo redde rationem tra il premier e Matteo Salvini in Parlamento non chiude la partita del Mes in maggioranza. Le posizioni di M5S e Pd "sono diverse", ammette lo stesso Luigi Di Maio. E Conte opta per affidare la decisione definitiva sull'ok alla riforma al Parlamento. La data da segnare con il rosso è l'11 dicembre quando, dopo le comunicazioni del premier in vista del Consiglio Ue, la maggioranza sarà chiamata a varare una risoluzione comune. Ed è lì che il governo rischia il baratro. A Palazzo Chigi ci sono il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, i capi delegazione di Pd, M5S e Leu, Dario Franceschini, Luigi Di Maio e Roberto Speranza, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro e il ministro per gli Affari Ue Enzo Amendola. Presente anche il titolare del Mise, Stefano Patuanelli, visto che nella riunione si parla anche della norma per il prestito ponte a Alitalia. A chiamarsi fuori è Italia Viva.
"Non abbiamo nulla su cui litigare, se la vedessero tra loro. Gli italiani sono stanchi di questi vertici, vogliono risposte", spiega Matteo Renzi. E una risposta definitiva, sul Mes, ancora non c'è. "In vista dell'Eurogruppo del 4 dicembre 2019 il Governo affronterà il negoziato riguardante l'Unione Economica e Monetaria (completamento della riforma del Mes, strumento di bilancio per la competitività e la convergenza e definizione della roadmap sull'unione bancaria) seguendo una logica di "pacchetto", spiegano fonti di Palazzo Chigi specificando che, sulla riforma del Mes, "ogni decisione diventerà definitiva solo dopo che il Parlamento si sarà pronunciato". Ovvero, dopo le risoluzioni che seguiranno alle comunicazioni di Conte in Aula dell'11 dicembre, proprio in vista del Consiglio Ue. Palazzo Chigi, in realtà, non parla di rinvio. E, dopo la riunione, è questo il punto che tiene a sottolineare Franceschini. "Bene l'incontro di stasera sul Mes. Nessuna richiesta di rinvio all'Ue ma un mandato che rafforza il ministro Gualtieri a trattare al meglio l'accordo", spiega il ministro della Cultura specificando, anche lui, come "ovviamente" sarà il Parlamento a pronunciarsi in modo definitivo. A tarda notte, da Palazzo Chigi, escono, uno dopo l'altro, Di Maio e Franceschini. Tirando ognuno acqua al proprio mulino.
"Nessuna luce verde è stata data a Gualtieri finché il Parlamento non si esprimerà", scandisce il titolare della Farnesina anticipando che l'11 dicembre il M5S presenterà una risoluzione in cui si chiederà a Conte di chiedere il miglioramento, al Consiglio Ue di dicembre, dell'intero pacchetto di riforme dell'Unione Economica e Monetaria. Pacchetto in cui, avverte Di Maio, "c'è tanto da cambiare". Dieci giorni, quindi, per trovare una quadro. Dando mandato a Gualtieri di anticipare all'Eurogruppo la trincea italiana. Dieci giorni, per il leader M5S, per trovare una quadra all'interno dei gruppi sul sì ad una riforma sulla quale, in tanti pentastellati, sono disposti a tutto. Con un rischio: che la risoluzione sul Mes diventi un doppione di quella che, sulla Tav, anticipò la fine del governo. "Mi auguro che su questa impostazione emergano le differenze macroscopiche che ci sono tra il M5S e il Pd e quindi si finisca con questo Governo", sottolinea Gianluigi Paragone. In tanti, nel Movimento, gli rispondono via facebook. A testimonianza che, dietro il Mes, la partita che si gioca tra i pentastellati è un'altra: se andare avanti con il governo giallo-rosso