"Esiste già il calcio che vorrei ma non lo si trova dove dovrebbe essere. Pensiamo che il calcio, quello che conta, sia negli stadi pieni o nelle tv più seguite, nelle trasmissioni di punta o in dirigenti "illuminati".
Il calcio pensiamo sia fatto dagli imprenditori o dai grandi campioni, dagli sponsor più famosi o che si concretizzi nei trofei più prestigiosi.
Il calcio che vorrei in realtà esiste ed è nascosto nelle pieghe della nostra vita. Nel sorriso che provoca un pallone, nelle serate con gli amici a ricordare partite dimenticate della nostra gioventù, nelle figurine scambiate o attaccate insieme ai nostri figli.
Il calcio che vorrei c'è già nelle domeniche sui campi di paese o nelle serate di partite tra colleghi, lo si trova nelle imprese nate con i compagni di squadra e nei racconti di maestri giornalisti che evocano i ricordi.
Il calcio che vorrei esiste ed è il vero motore del calcio che vorrei cambiare. Dobbiamo solo invertire le priorità senza perdere di vista la realtà.
Il calcio urlato e sponsorizzato, quello dei diritti Tv e degli impianti sportivi, quello dei grandi campioni e dei grandi eventi non deve essere accantonato o disprezzato, deve solo ricordarsi da dove viene e dove arriva, alle emozioni della gente.
Il calcio che vorrei c'è ed è in ognuno di noi ma ce ne dimentichiamo troppo spesso".