La tenaglia M5s-Lega si stringe sul Colle e la strada di un Governo di tregua si fa più difficile. Mentre si avvicina l'ultimo giro di consultazioni, Luigi Di Maio e Matteo Salvini sembrano sempre più lontani da quella sintonia personale che ha caratterizzato tutta la prima fase di questa estenuante ricerca di un'alleanza di Governo.
Il Movimento Cinque stelle gasato da una improvvisa ricomparsa di Beppe Grillo sembra aver sepolto lo spirito governista a favore di un ritorno alle origini, fatto di chiamate alle armi della base. In questa strada si inserisce la contundente richiesta di Beppe Grillo di un referendum sull'Euro, quasi un oltraggio per il Quirinale che proprio sull'europeismo ha basato il suo settennato. Tanto da costringere il capo politico dei Cinque stelle a derubricare le parole di Grillo ad una provocazione di "uno spirito libero".
Poco dopo tutto ciò, dall'altra parte si materializza Salvini, molto più ragionevole a prima vista, che sembra assecondare i "desiderata" del Quirinale. Cioè l'idea di un Governo di tregua che arrivi fino al 2019 per fare la Legge di Bilancio e - "perchè no?" - concede Salvini, anche una riforma della legge elettorale. Peccato che nulla sia cambiato, almeno nell'ottica del capo dello Stato, visto che il segretario della Lega si propone ai Cinque stelle accompagnato dall'ingombrante presenza di Silvio Berlusconi e, soprattutto, chiudendo totalmente l'uscio al Pd.
Un paletto che mina così alla radice le basi logiche del Governo di tregua che, come dice la parola stessa, dovrebbe prevedere una pace armata fra tutti per evitare l'esercizio provvisorio e l'aumento dell'Iva. Resta solo il partito Democratico, smarrito nelle pieghe delle sue incertezze, ad assicurare a Sergio Mattarella disponibilità a concorrere a un esecutivo di tregua. Senza condizioni. Ma così non basta. Al presidente restano ancora tre giorni di osservazione per poi muoversi. Ma se il buongiorno si vede dal mattino probabilmente lunedì non riceverà soluzioni ma solo nuovi veti.
Ecco perchè diventa fondamentale identificare una proposta di Governo che non urti le vivide sensibilità di Lega e Cinque stelle. Bisogna tirare fuori dal cilindro un nome che possa coagulare consensi con riserve tali da non impedire un via libera da Salvini e Di Maio. Perchè è chiaro che senza di loro non si va da nessuna parte. Puntuale è già partito uno spericolato toto-nome: si va dal tecnico Cottarelli al giurista Lattanzi, passando per Cassese, Cantone e chissà chi altri. Chiuso il capitolo delle elezioni a fine giugno (l'M5s insiste per tenere alta la pressione ma sa che non ci saranno mai), la forbice si riduce in realtà a pochi mesi: elezioni a ottobre o a febbraio con scioglimento a fine dicembre. In sostanza tre mesi per salvare la manovra. Ma per fare una Legge di Bilancio, seppur minima e senza asperità, un tecnico all'Economia servirebbe. Bisognerebbe farlo piacere a Salvini.