Presidenza della Repubblica in attesa di conoscere entro domenica l'esito di quest'ultimo tentativo Lega-Cinque stelle. Se le forze politiche, anche attraverso una telefonata, gli garantiranno che un accordo è stato chiuso, Sergio Mattarella è pronto a convocare i leader e i gruppi parlamentari dei partiti che intendono sostenere la maggioranza. Che gli dovranno fornire il nome del presidente del Consiglio individuato.
Quindi l'incarico secco e qualche giorno per risalire al Colle con la lista dei ministri. Lista che solo allora sarà esaminata dal presidente, come vuole la Costituzione. Questo è lo schema che oggi si può delineare, sapendo che il presidente ha sempre nel cassetto il suo governo di garanzia, certamente oggi riposto in uno dei comparti più profondi. Ma c'è una certezza: non ci saranno altre occasioni.
Naturalmente il passaggio al Quirinale per la nomina dei ministri non sarà solo un atto formale: i ministri sono proposti dal premier ma nominati dal presidente della Repubblica, che può dunque dire la sua. Non risultano assolutamente confermate voci che suggeriscono la possibilità che Lega e M5s abbiano già inviato al Colle una lista con rose di nomi. La procedura è decisamente più complessa e ha le sue forme e i suoi tempi. Intanto, mentre a Roma si susseguivano gli incontri tra Lega e Cinque stelle, Mattarella a Fiesole apriva la conferenza "the state of the Union" blindando l'Euro e confermando la vocazione europea dell'Italia.
Il tutto di fronte ad un'attenta platea internazionale. Per carità, nulla di nuovo per il presidente. Ma l'accuratezza dell'analisi e la nettezza delle parole usate oggi hanno dato il senso di quali siano i limiti che il capo dello Stato non permetterà mai vengano superati. Non è un mistero per nessuno che la politica estera, dall'atlantismo all'adesione all'Unione, il rispetto dei Trattati internazionali, la lealtà verso i vincoli di Bilancio e i principi di solidarietà siano da mesi sotto la lente del Quirinale.
Luigi Di Maio e soprattutto Matteo Salvini avranno studiato con estrema attenzione il discorso del presidente, anche nei passaggi più preoccupati. In alcuni frasi si può già leggere la cifra dei rapporti che dovranno essere instaurati tra due poteri dello Stato. E per diversi anni se il governo Lega-M5s dovesse spiccare il volo. Mattarella, ad esempio, non si nasconde proprio quando stigmatizza il ritorno di anacronistiche "formule ottocentesche" dense di nazionalismi che dovrebbero essere ormai digerite nel percorso della storia. O come quando mette in guardia da una subdola "narrazione sovranista" che serpeggia in Europa. Forme di ricerca del consenso assai seducenti ma altrettanto pericolose.
Politiche primordiali, a tratti istintive, che il presidente si augura vengano superate con la maturità politica che si acquisisce quando si passa dall'altra parte. Cioè al governo del Paese. Di tutto il Paese.