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L'analisi /15 maggio: Colle attende ma rispolvera suo governo, nodo Ue

Il progetto presidenziale per l'emergenza è invariato: un esecutivo che possa permettere di approvare la Legge di Bilancio 2019

Fabrizio Finzi ROMA

Il Quirinale rimane in attesa, pronto ad aspettare anche fino a lunedì una risposta definitiva di Lega e Movimento Cinque stelle. Nel frattempo al Colle si toglie la polvere al faldone segretissimo che contiene i nomi di un governo di garanzia del presidente. Che ormai si può più realisticamente definire "elettorale". Il barometro della trattativa volge infatti a tempesta. Sergio Mattarella ha parlato chiaro e non sarà certamente Paolo Gentiloni a portare eventualmente il Paese a nuove elezioni. Che sono escluse per luglio.

Il progetto presidenziale per l'emergenza è invariato: un esecutivo che possa permettere di approvare la Legge di Bilancio 2019, quindi scioglimento a fine dicembre e elezioni all'inzio dell'anno prossimo. Se non ottenesse la fiducia del Parlamento - e così sembra dalle dichiarazioni di Lega e M5s - questo stesso governo gestirebbe la corsa al voto a fine settembre o inizio ottobre. Uno schema che non è cambiato ma che anzi viene confermato proprio con il passare inesorabile del tempo e il reiterarsi di problematiche importanti tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Prima fra tutte l'Europa, tema sensibilissimo per il Quirinale che ha già fatto capire che non è il caso di affacciarsi a Bruxelles con un capitan Fracassa alla guida dell'Italia.

Per carità, il presidente Mattarella non si può collocare nella lista degli europeisti ortodossi, tantomeno tra gli eurocrati di Bruxelles. Da tempi non sospetti segnala i ritardi della Commissione, la farraginosità delle decisioni intergovernative, la dannosità delle perduranti politiche di austerity e la mancanza di solidarietà continentale. Ma non dimentica che esistono dei Trattati firmati e che per cambiarli occorre diplomazia, pazienza e autorevolezza. Ecco perchè inevitabilmente non basterà l'accordo sul solo programma di governo al quale stanno lavorando gli sherpa di Lega e Cinque stelle. Nessuno ne vuole parlare in questa fase ma la scelta del premier rimane pre-condizione di tutto. Salvini e Di Maio lo sanno e si scontrano in primis su quest'ostacolo. Mattarella non ha nascosto un certo stupore dopo le ultime consultazioni quando, di fatto, Salvini e Di Maio non sono stati in grado di esprimergli un nome autorevole di un premier condiviso.

Quando solo la sera prima avevano detto "urbi et orbi" che avrebbero riferito a Mattarella "su tutto". Certo, c'era un accordo - rivelatosi fragile come vetro - sui nomi dell'economista Giulio Sapelli e del professore Giuseppe Conte. Ma Sapelli si è praticamente auto-bruciato con una serie di dichiarazioni inopportune nella tempistica e poi anche nel merito, attaccando frontalmente Mattarella. Polemica spenta sul nascere dal Quirinale: "il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ha posto alcun veto o diniego sul professor Sapelli per la semplice circostanza che nessuno, né prima né durante le consultazioni, gli ha mai proposto, direttamente o indirettamente, il suo nome". Resta sospeso, per ora sul nulla, il nome di Conte. L'unico effettivamente arrivato alle orecchie del presidente, sussurrato da Luigi Di Maio.

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