Più di 7 adolescenti su 10 si sono iscritti a un social network quando avevano meno di 14 anni e appena il 6%, al momento, non lo ha ancora fatto. Questo è solo uno dei dati emersi da una ricerca, condotta su quasi 6000 ragazzi under20, da Generazioni Connesse - il Safer Internet Center Italiano, coordinato dal Miur - e curata da Skuola.net, Università ‘Sapienza’ di Roma e Università di Firenze. Ormai, quindi, le relazioni sociali di quasi tutti i giovanissimi passano per gli strumenti digitali, trasformandone profondamente le dinamiche.
Ad esempio, 8 ragazzi su 10 dicono che in famiglia esiste una chat WhatsApp con tutti i membri della famiglia (o, in casi minoritari, solo con alcuni). L’uso che ne viene fatto? Il 44,2% ritiene che sia utile per le varie comunicazioni di servizio, mentre il 14,6% lo utilizza soprattutto per scambiarsi informazioni quando si è fisicamente lontani. Anche se non mancano gli scettici: il 13% pensa che tale sistema sia poco utile, dato lo scarso utilizzo che ne viene fatto; il 4,5% non ama tale tipo di gruppo perché pensa che si rischi di sostituire il parlarsi a voce; il 5,9% lo interpreta addirittura come un tentativo di controllo da parte della famiglia.
Tecnologia che, troppo spesso, risulta piuttosto ingombrante: solamente la metà dei ragazzi (50,4%), infatti, lascia da parte gli smartphone quando è assieme a genitori, fratelli e parenti. E gli altri? Non ci vedono nulla di strano nel maneggiare il cellulare quando, magari, si è a tavola. Seppur con diverse sfumature di pensiero: il 9,2% ritiene che aiuti a distrarsi dalle chiacchiere degli adulti, il 3,8% lo usa per rimanere sempre aggiornato su ciò che avviene online, il 3,6% crede sia una modalità di comunicazione come tutte le altre. Ma il 22,4%, nonostante ceda spesso alla tentazione, ci intravede comunque una fonte di incomunicabilità.
Se questa è la situazione in casa, figurarsi con le amicizie, dove l’età contribuisce a mettere i ragazzi sulla stessa linea d’azione. Qui il transfert è talmente avanzato che dimensione analogica e digitale si sovrappongono e si confondono. Così, facendo una rapida analisi dell’elenco dei propri ‘amici o follower social’, quasi 4 giovani su 10 - il 38,5% - si accorgono di non conoscere personalmente almeno la metà di quelle persone: l’11,6% dice di aver avuto veri contatti con circa un quarto, il 6,1% con pochissimi di loro. Tra l’altro, in mezzo ai quei nominativi, si nasconde molta gente che neanche esiste: il 68% del campione almeno una volta si è imbattuto in un profilo falso. Ma, gli stessi protagonisti del sondaggio, non sono da meno visto che il 43% ‘confessa’ di aver utilizzato una finta identità per iscriversi a un social network. Tra questi, la maggior parte (35%) lo avrebbe fatto per controllare qualcun altro, il 21% per fare uno scherzo, il 19,5% per difendere la propria privacy.
Dati sensibili che, però, non sembrano essere tra le prime cose a cui badano gli adolescenti quando si connettono ai social e caricano contenuti. Circa 1 su 4, infatti, non si è mai preoccupato della privacy dei suoi dati online e, quasi altrettanti, se ne interessano saltuariamente. Questo anche perché quando si parla di ‘consenso al trattamento dei dati personali’ solamente il 32,6% sa perfettamente cosa significhi e come gestirlo.
Peraltro, le recenti normative europee in tema di protezione dei dati personali hanno innalzato le tutele per i minori e, in Italia, i ragazzi under 14 non potrebbero fornire il consenso al trattamento dei propri dati personali senza un’autorizzazione esplicita dei genitori. Eppure, quasi 1 su 3 si è iscritto ad un social in questa fascia d’età nonostante il diniego dei genitori. Cosa che non sarebbe sufficiente nemmeno in quei casi, la maggioranza, in cui gli adulti hanno autorizzato i propri figli. Visto che le più popolari piattaforme di social networking pongono uno sbarramento assoluto per chi ha meno di 13 anni. Segno che chi dovrebbe educare le nuove generazioni all’uso consapevole di Internet avrebbe lui stesso bisogno di qualche ripetizione.
“Le nuove tecnologie – afferma il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, commentando i dati della ricerca - hanno messo a disposizione dei nostri ragazzi strumenti potenti, che stanno cambiando il loro modo di approcciarsi al mondo e alle relazioni sociali. Il compito della scuola e di tutti gli educatori, se non degli adulti in generale, è quello di aiutarli a comprendere che un uso consapevole del web è decisivo per non sviluppare cattive abitudini o non incappare in veri e propri pericoli. In occasione del Safer Internet Day 2019, è proprio questo il messaggio che voglio lanciare ai più piccoli: conoscere in maniera approfondita il web lo rende ancora più interessante. Per usufruire di tutte le sue potenzialità, con il valore aggiunto della sicurezza”.