Mika arriva al festival di Sanremo. "La musica fa cambiare il colore della mia anima. Posso essere bianco, blu, violetto... tutto. E' molto bello essere di tutti i colori. E se qualcuno non vuole accettare tutti i colori del mondo e pensa che un colore è migliore e deve avere più diritti di un altro o che un arcobaleno è pericoloso perché rappresenta tutti i colori.. Beh, peggio per lui. Sinceramente, questo qualcuno lo lasciamo senza musica".
Ha esordito così Mika, nella sua partecipazione da superospite ("italiano", ha tenuto a precisare).
Mika ha trasformato il suo passaggio all'Ariston in uno spettacolare quadro di un musical, concluso da un omaggio a George Michael, il suo idolo. In apertura un dialogo con l'orchestra che risponde con frasi musicali, un'ottima idea autorale, per dire che qualunque tipo di musica è bello e che "la musica cambia i colori della mia anima e se qualcuno pensa che un colore è meglio di un altro e che un arcobaleno è pericoloso perché rappresenta tutti i colori del mondo, beh peggio per lui, lo lasciamo senza musica". Poi, suonando il pianoforte, si lancia in un medely formato in complesse versioni orchestrali di "Grace Killy", "Good Guys", con coro e "Boum boum boum". Finale con un'intensa "Jesus To A Child". Prima Carlo Conti aveva regalato alle fan in platea il fazzoletto con cui si era asciugato il sudore Mika.
Mika e l'ansia da festival, non lo presenterei mai
"Una partecipazione di 15 minuti e ce l'ho in testa e nella pancia da quattro settimane. Figuriamoci presentare il festival: troppo difficile. Terrorizzante. Non lo farei mai". All'Ariston arriva Mika, con il suo buffo italiano, l'aria da bravo ragazzo, i modi teneri, lo sguardo dolce e la timidezza che lo fa arrossire quando gli viene chiesto un bacio in sala stampa. L'aria del festival l'aveva già respirata nel 2007 "ma in 10 anni sono cambiate tante cose nella mia vita. Eppure mi piace la sensazione di eccitazione che si prova. Qui la meraviglia rimane la stessa anche dopo anni. E sono contento di essere un pezzettino piccolo di questa grande macchina".
Non ha un album o un programma tv da promuovere (anche se annuncia che ci sarà un Casa Mika 2 "con tante più canzoni scritte da me" e che sta lavorando su un nuovo disco) e allora "ho dovuto trovare una chiave per l'invito che mi ha fatto Carlo. Non potevo solo cantare e andarmene - spiega il poliedrico artista anglo-libanese -. Ho pensato il tutto come fosse una cosa tra me e l'orchestra, un omaggio a lei che è l'anima di Sanremo".
Sul palco anche il ricordo di George Michael, morto lo scorso Natale, con Jesus to a child. "Non l'ho mai voluto conoscere, perché era uno dei miei eroi musicali. Ma non potevo certo immaginare che sarebbe morto così giovane. E allora, anche se non mi piace tante fare le cover, per lui lo faccio con un enorme piacere. E' una canzone difficile, fatta alla mia maniera". Ma c'è spazio anche per parlare del suo essere senza patria. "In Libano, nonostante abbia una madre libanese, non mi hanno mai dato la cittadinanza. Ma io sono contento di essere uno zingaro. Il fatto di non venire da alcun Paese invece di destabilizzarmi, lo rende la mia bandiera, la mia identità. E la musica nasce anche da questa mancanza di cittadinanza".
Le sette note lo hanno aiutato anche ad avere fiducia in se stesso. "Quando non riesci a parlare, a farti sentire, canti. Io da ragazzo mi sentivo invisibile e la musica ha cambiato la mia vita. Tanti che scrivono musica pop, non sono stati popolari a scuola. Sanremo dunque è un luogo perfetto per parlare di bullismo. La musica è la chiave per la libertà, per esprimerti, per liberarti Per diventare un supereroe".