Sei settimane di rugby, 48 partite in 13 stadi già tutti esauriti, 20 nazionali divise in quattro gironi, uno spettacolo globale capace di generare più di tre miliardi di sterline. Inizia nel tempio di Twickenham, con l'esordio dei padroni di casa inglesi contro Fiji, l'ottava edizione della Coppa del Mondo di rugby. Il terzo evento sportivo più seguito, dopo le Olimpiadi e i mondiali di calcio, dall'alto di una audience prevista che sfiora gli 800 milioni di telespettatori disseminati in 209 nazioni al mondo.
Già venduti in prevendita oltre 2,25 milioni di biglietti (95% dei tagliandi disponibili), a conferma dell'enorme attesa che si respira nelle 10 città inglesi (ma si gioca anche a Cardiff), dove sono attesi oltre mezzo milione di tifosi stranieri. Favorita d'obbligo, la Nuova Zelanda, detentrice della William Webb Ellis Cup (vinta quattro anni fa ad Aukland, in finale contro la Francia), nonché dominatrice nel ranking mondiale. La nazionale da battere, secondo i bookies locali e l'unanime giudizio degli esperti. Un pronostico convalidato anche dalle 24 vittorie in altrettanti incontri nei precedenti gironi eliminatori, che per la Nuova Zelanda cominciano contro l'Argentina. Sono due le corone mondiali per gli All Blacks (la prima nel 1987), ma sempre conquistate nei mondiali di casa. Due come i trionfi iridati di Australia e Sudafrica.
L'egemonia dell'emisfero sud è stata violata una sola volta dall'Inghilterra, nella finale 2003 di Sydney contro l'Australia. L'Italia è sbarcata in Inghilterra nella sfiducia generale di un'ambiente lacerato da polemiche interne e scadenti risultati. Sabato sera, nell'esordio contro la Francia, dovrà anche fare a meno del suo capitano Sergio Parisse. Un'assenza pesantissima per una squadra fragile, reduce da un Sei Nazioni negativo, che non è mai riuscita a qualificarsi ai quarti di finale in sette partecipazioni. L'edizione migliore, ma sfortunata, resta la prima (1987), quando solo la differenza mete aveva negato il passaggio del turno, premiando Fiji. La peggiore, quella alla vigilia del debutto nel Sei Nazioni: nel 1999, tre sconfitte su tre per gli Azzurri. Il rischio che il mondiale italiano finisca dopo una sola partita è concreto: in caso di sconfitta contro la Francia, tre volte finalista nella Coppa del Mondo, agli Azzurri non resterebbe che battere l'Irlanda per qualificarsi nella Pool D (vincendo ovviamente anche le altre partite contro Canada e Romania). Un risultato - almeno sulla carta - fuori dalla portata della squadra di Jacques Brunel, che lascerà dopo la spedizione in Inghilterra.