Gioia Bartali, nipote del grande
ciclista Gino, scende in campo per difendere la memoria del
nonno dopo che lo storico Marco Pivato, in un suo libro a breve
in uscita, afferma che non vi è nessuna prova che abbia salvato
centinaia di ebrei.
"Prima di riconoscere una persona 'Giusto tra le Nazioni' lo
Yad Vashem istruisce un dossier rigorosissimo - sottolinea la
nipote in una intervista al giornalista Antonio Sanfrancesco sul
sito di Famiglia Cristiana -. Ci sono tantissime testimonianze e
documenti. Hanno mentito tutti? E per quale motivo? Mio nonno
parlò pochissimo di quello che aveva fatto per gli ebrei anche
in famiglia perché aveva l'ossessione della discrezione".
Gioia Bartali si dice molto amareggiata per 'L'ossessione
della memoria. Bartali e il salvataggio degli ebrei: una storia
inventata', edito da Castelvecchi, in uscita il 21 gennaio e
recensito in anteprima sul Corriere della Sera da Gian Antonio
Stella. Il compito del grande atleta era quello di compiere vari
viaggi in bicicletta dalla stazione di Terontola-Cortona fino ad
Assisi, trasportando documenti e fototessere, prodotte dai frati
francescani di Assisi, nascoste nei tubi della bicicletta per
dare identità false agli ebrei e permettere loro di salvarsi.
"Spesso, alla vigilia della Giornata della Memoria, vengono
fuori queste polemiche. Per affermare una cosa del genere -
insiste Gioia Bartali - bisogna avere delle prove precise e
inconfutabili altrimenti il rischio è di sollevare polveroni
inutili e poco rispettosi della memoria delle persone. Mio nonno
diceva sempre che 'il bene si fa, ma non si dice'".
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