Avrebbero evaso tasse per dieci milioni di euro e poi riciclato il denaro in criptovalute. La guardia di finanza ha eseguito misure cautelari nei confronti di 48 imprenditori cinesi attivi del commercio all'ingrosso di abbigliamento e calzature, accusati, a vario titolo di associazione per delinquere, riciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte nonché il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per circa 14,5 milioni di euro. Perquisizioni nelle province di Firenze, Prato, Ancona, Arezzo, Benevento, Bologna, Crotone, Forlì-Cesena, Milano, Modena, Monza-Brianza, Napoli, Padova, Reggio Emilia, Teramo, Verona e Vicenza.
Le misure, spiegano gli investigatori, riguardano in particolare quattro imprenditori cinesi, indagati per associazione per delinquere (tre destinatari della custodia cautelare in carcere e uno agli arresti domiciliari), che, nel periodo 2018-2020, avrebbero riciclato proventi da evasione fiscale per circa dieci milioni di euro. Per altri quarantaquattro imprenditori, ai quali è contestato il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è scattata la misura del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali. Ci sono due imprenditori italiani tra i 48 indagati nell'inchiesta del nucleo speciale polizia valutaria della guardia di finanza coordinata dal procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli e il pm antimafia Fabio Di Vizio. Secondo la ricostruzione degli investigatori, le imprese, alcune delle quali di breve durata (secondo il metodo 'apri e chiudi') attive nel settore del commercio all'ingrosso di abbigliamento e di calzature soprattutto nel Lazio, Campania e Toscana, avrebbero accumulato debiti fiscali per circa 15 milioni di euro. Gli imprenditori, secondo la ricostruzione, non pagando le imposte avrebbero creato provviste illecite, per complessivi 10 milioni di euro. I proventi dell'evasione fiscale sarebbero stato trasferiti dai 44 imprenditori con diversi bonifici, tra il 2018 e il 2020, al conto estero dei quattro arrestati, i quali, per mascherarne l'origine, provvedevano sistematicamente a trasferire le somme verso conti esteri, intestati a società dedite all'exchange, cioè all'acquisto di criptovalute, come i bitcoin. Per ricostruire le operazioni, la procura fiorentina ha trasmesso ordini europei d'indagine e richieste di rogatoria in Germania, Lituania, Slovenia, Estonia, Liechtenstein e Seychelles.
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