L'Umbria si conferma non interessata da forme di "stabile radicamento" delle "mafie tradizionali" ma comunque regione dove vengono riciclati e reinvestiti i capitali illeciti. Emerge dalla Relazione della Direzione investigativa antimafia, relativa al secondo semestre del 2020, consegnata al Parlamento. Nella quale si evidenzia la presenza di strutture criminali di matrice etnica e di soggetti o proiezioni di consorterie mafiose "che apprezzano le opportunità offerte dal territorio" per il riciclaggio, "infiltrandosi nel tessuto socio-produttivo caratterizzato da un reticolo di piccole e medie imprese". A Perugia inoltre "di recente" registrata "una sensibile crescita del traffico e dello spaccio di stupefacenti gestito prevalentemente da sodalizi di origine straniera". Riguardo alle infiltrazioni nel tessuto socio-produttivo, dalla Relazione emerge che "sarebbe stato registrato, in alcuni casi, anche il ricorso a pratiche usurarie ed estorsive finalizzate ad assumere il controllo di attività economiche". "Un fenomeno che deve essere attentamente monitorato - scrive la Dia - nella considerazione degli effetti della crisi pandemica che hanno ulteriormente aggravato la preesistente difficoltà economica, rendendo le realtà imprenditoriali particolarmente vulnerabili". Un "ulteriore elemento di possibile attrazione per gli affari delle mafie" sono considerati gli "ingenti finanziamenti pubblici per la ricostruzione post sisma che già in passato hanno evidenziato tentativi di infiltrazione negli appalti da parte di società riconducibili a organizzazioni criminali extraregionali". "Altro elemento di agevolazione per una 'colonizzazione' del territorio - si legge ancora nella Relazione - è la presenza nelle case di reclusione di Spoleto e Terni di detenuti sottoposti ai regimi speciali che nel tempo hanno determinato il trasferimento e lo stanziamento di parenti dei reclusi".
Dia, in Umbria soggetti riconducibili 'ndrangheta e camorra
Nessuna evidenza criminalità pugliese e lucana
In Umbria operano soggetti "riconducibili" alla 'ndrangheta e alla camorra ma non "si rileverebbe invece" la presenza della criminalità pugliese e lucana. Lo sottolinea la Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia al Parlamento. "Le indagini condotte nel tempo hanno via via dimostrato - si legge nel documento - l'operatività soprattutto nella provincia di Perugia di soggetti riconducibili prevalentemente alla 'ndrangheta. In particolare è emersa la presenza di personaggi collegati alle 'ndrine Giglio, Farao-Marincola, Maesano-Pangallo-Favasuli e Scumaci e più di recente alle 'ndrine Mannolo, Zoffreo e Trapasso di San Leonardo di Cutro e a quella di Comisso di Siderno. I settori nei quali la criminalità calabrese ha espresso operatività sono risultati oltre al riciclaggio il traffico di stupefacenti e le estorsioni". Per quanto riguarda la camorra le indagini degli ultimi anni - sostiene la Dia - "hanno dimostrato la presenza di affiliati sia al clan dei Casalesi, sia a quelli dei Fabbrocino e Terracciano, rispettivamente originari del casertano e del napoletano".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA